I carabinieri del Nucleo Investigativo di Vibo Valentia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di Nazzareno Colace, 57 anni, di Portosalvo. E’ accusato dell’omicidio Covato, maturato negli anni ’90 nell’ambito dello scontro armato poi vinto dalla “famiglia” Tripodi di Portosalvo. Nazzareno Colace era ritornato totalmente libero nell’ottobre dello scorso anno per scadenza dei termini massimi di custodia cautelare in quanto coinvolto nell’operazione antimafia “Costa Pulita” della Dda di Catanzaro scattata ad aprile del 2016 e nella quale – difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Francesco Gambardella – ha riportato la condanna in primo grado (il processo d’appello è in corso) a 14 anni di reclusione per associazione mafiosa, in quanto ritenuto il “braccio-destro” del boss di Nicotera Marina Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuni”.

La nuova ordinanza per Nazzareno Colace (condotto nel carcere di Vibo Valentia) fa riferimento allo scontro armato con la famiglia Covato di Portosalvo, entrata in contrasto con i Tripodi e con lo stesso Nazzareno Colace, il quale all’epoca gestiva un negozio di articoli sportivi a Vibo Marina su Viale dell’Industria, all’insegna “Elegant 84”. Contro la saracinesca del negozio, il 18 settembre 1987 venivano esplosi tre colpi di pistola mentre il 19 settembre 1987 sulla statale 522, in direzione di Bivona, Nazzareno Colace ed Umberto Maurizio Artusa venivano investiti da colpi di pistola che colpivano le auto dei predetti e causavano gravi lesioni al tronco a Colace ed agli arti inferiori al commerciante d’abbigliamento Artusa (attualmente imputato in Rinascita Scott). Il 23 gennaio 1990 Francesco Covato rimaneva quindi vittima della “lupara bianca”. Le ricerche delle forze dell’ordine, avviate a seguito della denuncia del padre della vittima, portarono al solo rinvenimento della sua automobile, trovata nel parcheggio del Stazione ferroviaria di Tropea. Esattamente cinque anni dopo, il 23 gennaio 1995, spariva all’età di 20 anni anche Massimiliano Covato. La sua auto è stata ritrovata abbandonata alla stazione di Vibo- Pizzo con le chiavi ancora inserite.

L’omicidio contestato a Nazzareno Colace è quello di Francesco Covato, 20 anni all’epoca della scomparsa. L’ordinanza è stata emessa dal gip distrettuale di Catanzaro all’esito delle indagini condotte dai sostituti procuratori della Dda Antonio De Bernardo ed Andrea Mancuso e svolte sul “campo” dal Nucleo Investigativo dei carabinieri di Vibo Valentia. La sentenza di morte è maturata in un contesto di vendetta personale e di riaffermazione del potere criminale da parte della famiglia Tripodi, egemone del territorio di Vibo Marina e Portosalvo.
Nazzareno Colace è accusato di aver ucciso Francesco Covato ed occultato il suo corpo per vendicarsi dell’agguato subito nel 1987.
Al contempo, il clan Tripodi al quale all’epoca – secondo gli investigatori apparteneva Colace prima di diventare il “braccio-destro” di Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni – avrebbe inteso fermare definitivamente l’irruenza di Francesco Covato, che da tempo imperversava per le strade di Vibo Marina commettendo atti intimidatori e reati contro il patrimonio.