La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha confermato la condanna all’ergastolo per Susanna Brescia e Giuseppe Menniti, ritenuti responsabili dell'omicidio di Vincenzo Cordì, di 42 anni, compagno di Susanna Brescia e padre di due bambini avuti con la donna, trovato carbonizzato all'interno della propria autovettura il 13 novembre 2019, in una zona di montagna del comune di San Giovanni di Gerace, nella Locride. I giudici di piazza Castello hanno confermato la pena anche per l’altro imputato, Francesco Sfara, condannato a 23 anni di carcere.

Il delitto, secondo l'accusa rappresentata dal sostituto procuratore generale Vincenzo Luberto, si sarebbe consumato ad opera di Susanna Brescia, compagna di Cordì, Giuseppe Menniti, amante della donna, e Francesco Sfara, figlio della donna avuto da una precedente relazione. L'allora procuratore di Locri, Luigi D'Alessio, aveva definito il delitto «uno degli omicidi più efferati degli ultimi anni nella Locride».

Vincenzo Cordì, che era scomparso due giorni prima del ritrovamento del cadavere carbonizzato, secondo le ricostruzioni degli inquirenti, è morto dopo essere stato tramortito e  dato alle fiamme ancora vivo all'interno della sua auto la notte dell'11 novembre 2019. Da subito era stata esclusa l'ipotesi di suicidio, nonostante la compagna sostenesse proprio questa tesi. A distanza di meno di 24 ore dall'omicidio era stata la stessa Susanna Brescia a denunciare alle forze dell'ordine la scomparsa del cameriere gioiosano: una messinscena, per l'accusa, per depistare le indagini dei carabinieri della compagnia di Roccella Ionica e della Procura di Locri. La donna sosteneva che Cordì fosse molto depresso e che facesse uso di antidepressivi. «Totalmente falso», secondo l'accusa.