Oltre 150 milioni di euro di investimento e 65mila tonnellate di rifiuti «industriali, anche farmaceutici» da trattare: a Crotone nasce un nuovo impianto per il trattamento degli scarti. Lo gestirà A2A, colosso bresciano con una lunga esperienza nel settore. La notizia, ufficializzata dalla società nei giorni scorsi con una nota, interroga un territorio che, per lunghe fasi, ha sopportato il peso dell’emergenza ambientale in Calabria. E arriva a pochi giorni dall’ok della Regione all’impianto di gassificazione per rifiuti sanitari di Salvaguardia ambientale, società che fa capo al gruppo Vrenna. Le vicende dei due impianti si incrociano: sorgono nella stessa area e anche per il termovalorizzatore la proprietà era inizialmente del gruppo Vrenna. Il progetto passato ad A2A, però, è cambiato nel corso degli anni: ha attraversato legislature regionali e avvicendamenti al vertice delle strutture burocratiche che hanno triplicato le capacità dell’impianto e aumentato la “platea” di rifiuti che potrà accogliere e “valorizzare”.

Leggi anche

Nel 2010 si chiamava «termodistruttore»

La storia inizia 14 anni fa: nell’ottobre 2010 la Regione Calabria firma l’Autorizzazione integrata ambientale «per un impianto di termodistruzione della società Mida srl, ed eliminazione rifiuti non pericolosi». Il sito è nel comune di Crotone, in località Passovecchio; la proprietà della ditta appartiene al gruppo Vrenna. Quattordici anni sono un’altra epoca, e la distanza è (anche) lessicale: il termodistruttore - così si scriveva allora senza troppa diplomazia - è diventato termovalorizzatore.

Le pagine impolverate di quel progetto fissano i confini di azione dell’impianto e i paletti per il gestore. L’impianto è inizialmente autorizzato a trattare 22mila tonnellate all’anno, che potranno diventare 65mila (cioè il quantitativo attuale previsto da A2A) a patto che l’azienda ripresenti il progetto al Nucleo Via regionale». Il gestore dovrà poi «dovrà adottare le opportune azioni di messa in sicurezza della falda così come emerso dall’attività di caratterizzazione» e «minimizzare qualsiasi impatto sulle matrici ambientali durante l’intero ciclo produttivo». Richieste standard con il sigillo della burocrazia regionale: firma Giuseppe Graziano, al tempo direttore generale del dipartimento Ambiente, oggi consigliere regionale di centrodestra in quota Azione. Segue il lungo elenco con i codici Cer, cioè il tipo di rifiuti che il termodistruttore (o termovalorizzatore) potrà trattare, e le specifiche di funzionamento dell’impianto.

Il secondo passaggio documentato nelle carte del progetto depositate in Regione avviene il 22 gennaio 2014: al governo c’è, come nel 2010, la giunta guidata da Giuseppe Scopelliti. Lo step è un’integrazione di codici Cer: alle tipologie di rifiuti che potranno entrare in quello che, quattro anni dopo il primo step, viene definito termovalorizzatore se ne aggiungono altre. La Mida, ancora proprietaria dell’impianto, ottiene l’ok del dg Bruno Gualtieri - oggi commissario dell’Autorità idrica della Calabria - e della dirigente di settore Orsola Reillo, che dopo gli anni trascorsi negli uffici del dipartimento Ambiente della Regione adesso ha un ruolo importante al ministero dell’Ambiente come vicario del direttore generale Valutazioni ambientali.

Leggi anche

Oltre ai codici già autorizzati si aggiungono diverse tipologie di rifiuti contenenti «sostanze pericolose». L’iter mostra un termovalorizzatore che nasce per trattare 22mila tonnellate all’anno di materiali ma prevede fin dal principio la possibilità di passare a 65mila, mentre cresce la materia prima che sarà possibile trattare nei reattori.

La variante approvata nel dicembre 2015: si passa a 65mila tonnellate all'anno di rifiuti

Quasi due anni dopo, nel dicembre 2015, per l’impianto arriva un nuovo giudizio di compatibilità ambientale accompagnato da Autorizzazione integrata ambientale. Il documento spiega che l’ampliamento previsto nel 2010 (da 22mila a 65mila tonnellate all’anno) viene in effetti richiesto da Mida Tecnologie ambientali: si tratta di «un progetto di variante impiantistica e di aumento dei quantitativi massimali annui di rifiuti, pericolosi e non». È una «modifica sostanziale» per la quale serve una valutazione approfondita: la domanda viene presentata nel 2012, il via libera arriva dopo circa tre anni. Solito riepilogo del quadro politico e amministrativo: la Cittadella, nel momento in cui il progetto diventa più ampio, è governata da Mario Oliverio; firmano l’atto il dg dell’Ambiente Domenico Pallaria e la dirigente di settore Orsola Reillo che prendono atto del parere favorevole della struttura tecnica di valutazione. L’elenco dei codici Cer autorizzati aumenta ancora: occupa 10 delle 18 pagine del decreto. Notazione narrativa: il primo punto delle condizioni per l’esercizio dell’impianto contiene una rettifica considerata evidentemente prioritaria: «L’impianto autorizzato deve essere qualificato come “termovalorizzatore” e tale termine sostituisce quello di termodistruttore» presente nel decreto del 2010.

La proprietà del termovalorizzatore passa ad A2A

A questo punto, nel 2015, il vecchio termodistruttore (ora termovalorizzatore) ha già le caratteristiche dell’impianto presentato da A2A nella sua nota: processerà 65mila tonnellate di rifiuti pericolosi e non. Manca soltanto qualche passaggio formale. L’iter, in effetti, si blocca per sei anni circa, fino al 2021. L’impianto si riaffaccia negli uffici della Regione per una «voltura dell’Autorizzazione integrata ambientale in favore del gestore Tecnoa srl». Si tratta della presa d’atto di una comunicazione: la società Mida Tecnologie ambientali srl cambia denominazione sociale e assetti «in favore della Tecnoa srl», con sede legale a Milano. È il penultimo passaggio: la fine del processo è rappresentata da una nuova voltura dell’Aia in favore di A2A Ambiente spa, colosso del settore che ha incorporato Tecnoa srl del gruppo Vrenna negli ultimi mesi del 2023. La società con sede a Brescia gestirà il nuovo termovalorizzatore, impianto “nato” nel 2010 e molto cambiato nel corso degli ultimi 14 anni, sia per la quantità (tripla rispetto all’ipotesi iniziale) che per il tipo di rifiuti che potrà trattare.