Nella notte i militari dei Comandi Provinciali Carabinieri e Guardia di Finanza, con il supporto in fase esecutiva dei Carabinieri dello Squadrone Eliportato “Cacciatori Calabria”, hanno notificato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria a seguito di richiesta della locale Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, diretta da Giovanni Bombardieri, nei confronti di 15 persone.

 

L’esecuzione dell’odierna misura costituisce il seguito delle operazioni “Riscatto” dei Carabinieri e “Mille e una notte” della Guardia di Finanza, eseguite il 2 agosto scorso a conclusione delle indagini coordinate dal Procuratore Aggiunto Giuseppe Lombardo e dai Sostituti Procuratori Giovanni Calamita e Diego Capece Minutolo, che avevano permesso di ricostruire l’attuale operatività di gruppi criminali facenti capo alla storica cosca locrese dei “Cordì”, ai cui partecipi vengono contestati, a vario titolo, i reati di associazione di tipo mafioso, estorsione, danneggiamento seguito da incendio, illecita concorrenza con minaccia o violenza, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto in luogo pubblico di armi, con l’aggravante di aver agito per favorire gli interessi della ‘ndrangheta nella sua articolazione territoriale nota come cosca “Cordì”.

 

In particolare, nell’ambito dell’attività “Riscatto” condotta dai Carabinieri, oltre alle persone destinatarie del provvedimento di fermo eseguito il 2 agosto – tutti raggiunti anche dall’odierna misura cautelare – sono stati arrestati anche Giuseppe Ripepi, 42enne, e Bruno Zucco, 51 anni, detenuto, mentre un terzo uomo colpito dalla misura è ancora attivamente ricercato per trasferimento fraudolento di valori.


In particolare, Ripepi è gravemente indiziato quale partecipe dell’associazione, incaricato di prestare ausilio continuativo alle famiglie degli associati, di svolgere il compito di autista a favore di Domenico Cordì, cl. 79, di mantenere il costante raccordo informativo con gli altri affiliati anche e soprattutto al fine di eludere o impedire le investigazioni finalizzate a ricostruire le attività delittuose poste in essere dagli appartenenti alla cosca Cordì; Zucco dovrà invece rispondere del reato di associazione finalizzata al compimento di estorsioni e tentata estorsione ai danni di imprenditore locale.


I Carabinieri hanno inoltre proceduto al sequestro preventivo dell’attività commerciale denominata “Onoranze funebri e addobbi floreali f.lli Alì Di Gianfranco Alì” di Locri, comprensivo dell’intero compendio aziendale.


Le indagini dei Carabinieri hanno permesso di accertare come Gianfranco Alì e Vasile Iulian Albatoaei (entrambi raggiunti dal fermo del 2 agosto e dalla misura odierna), ciascuno nelle rispettive funzioni, abbiano acquisito, nel corso di numerosi anni, una posizione dominante nell’ambito del settore di servizi funebri ed attività commerciali connesse all’area cimiteriale di Locri, soprattutto grazie al prezioso supporto offerto dai familiari Giorgio e Cosimo Alì, quest’ultimo intraneo alla cosca Cordì.

 

I militari della Guardia di Finanza, oltre ai soggetti destinatari del provvedimento di fermo eseguito il 2 agosto nell’ambito dell’operazione “Mille e una notte”, hanno arrestato anche Vincenzo Cordì, 52 anni (ordinanza di custodia cautelare in carcere), e Fabio Modafferi, 41 anni (ordinanza custodia cautelare agli arresti domiciliari).
Le indagini, anche di natura tecnica, avviate dalla Guardia di Finanza, hanno permesso di ricostruire la struttura della locale della ‘ndrangheta di Locri, riconducibile alla famiglia Cordì e di svelare un consistente controllo criminale del territorio esercitato mediante la propria forza intimidatrice da una fitta rete di associati ed affiliati.


Come emerso dall’attività tecnica di intercettazione, Vincenzo Cordì rappresenta una figura carismatica in ambito locale; esercita il proprio potere mafioso seguendo i dettami della vecchia generazione dei boss calabresi e, attraverso il controllo del territorio, garantisce ogni forma di protezione e viene spesso chiamato in causa per la “risoluzione di controversie” sia di natura personale, sia in ordine a ogni tipo di interesse di natura economica.


La disponibilità di armi in capo alla cosca, peraltro, è stata delineata dall’attività investigativa: il 31 dicembre 2016 sono stati avvistati Vincenzo Cordì ed i suoi figli Domenico (28 anni) ed Antonio (22 anni) i quali, in occasione dei festeggiamenti per l’inizio del nuovo anno, erano intenti a maneggiare armi da fuoco ed esplodere colpi all’indirizzo dei cassonetti dei rifiuti urbani e dei pali della pubblica illuminazione posizionati nei pressi della loro abitazione.


Altro filone rilevante è quello che ha condotto all’arresto di Fabio Modafferi. Quest’ultimo, sfruttando la vicinanza alla locale criminalità organizzata e l’assoggettamento psicologico che essa genera, il tutto condensato da gravi minacce, prestava importanti cifre in denaro contante a soggetti versanti in condizioni di difficoltà economica, pretendendo da questi rate mensili di restituzione del premio capitale, gravate da interessi fissati nel tasso del 30% mensili.

 

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