All’esito di articolate indagini condotte dalla Squadra Mobile reggina, sotto le direttive della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Reggio Calabria diretta dal Procuratore Giovanni Bombardieri, è stata notificata in carcere a Tommaso Costa, 60 anni, elemento di spicco dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta di Siderno, un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, perché ritenuto il principale autore di un efferato omicidio avvenuto a Siderno durante la cruenta faida scoppiata tra le cosche Commisso e Costa, tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ’90.

L'omicidio Figliomeni

Secondo gli elementi acquisiti nel corso delle indagini Costa, con premeditazione, ha deciso, organizzato ed eseguito, in concorso con un soggetto deceduto, l’omicidio di Vincenzo Figliomeni classe 1937, avvenuto a Siderno il 19 novembre 1988, mediante l’esplosione al suo indirizzo di almeno tre colpi di un fucile da caccia. Vincenzo Figliomeni alias “brigante”, era il padre di Angelo Figliomeni e Cosimo Figliomeni, intesi anch’essi “i briganti”, attualmente latitanti in Canada. Nella stessa inchiesta è indagato anche Giuseppe Curciarello, non destinatario di misura cautelare, per l’omicidio di Domenico Baggetta, avvenuto a Siderno il 27 novembre1988 mediante esplosione di colpi d’arma da fuoco.

 

L’omicidio contestato a Tommaso Costa si inserisce nell’ambito della violenta faida esplosa a Siderno tra la fine anni degli ’80 e gli inizi degli anni ’90, tra le cosche di ‘ndrangheta dei Commisso e dei Costa. Durante il periodo della faida, la ‘ndrina dei Costa era guidata da Giuseppe Costa, il quale, anche dopo il suo arresto e successivamente alle sentenze di condanna avvenute in seguito al noto processo Siderno Group, ha continuato a far parte del sodalizio, impartendo direttive e ricevendo, all’interno del carcere, doti di ‘ndrangheta di livello provinciale, fino a quella del “quartino” nel 2007.

La collaborazione di Giuseppe Costa

Giuseppe Costa ha iniziato a collaborare con la giustizia nel 2012 e le sue dichiarazioni - utilizzate anche in diverse inchieste che hanno portato alla sbarra esponenti di spicco della cosca Commisso (per esempio “Crimine”, “Bene Comune-Recupero”, “Morsa sugli appalti”) - sono alla base della contestazione di omicidio formulata dai magistrati a carico del predetto Tommaso Costa classe 1959. Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, integrate dalle dichiarazioni di un altro collaboratore, ovvero, Casalini Crocefisso (autista del gruppo e coinvolto nelle azioni di fuoco poste in essere dai Costa), sono state oggetto di approfonditi riscontri effettuati dalla Squadra Mobile, sotto le direttive della Dda di Reggio Calabria.

La "Siderno Group of Crime”

Storicamente, le famiglie criminali dei Costa, dei Curciarello, dei Commisso e dei Macrì costituivano un gruppo unitario di ‘ndrangheta esistente a Siderno, il cui capo indiscusso era Don Antonio Macrì, che per primo aveva allacciato rapporti con le persone emigrate da Siderno negli Stati Uniti, nel Canada ed in Australia.

Proprio durante la sua reggenza nacque la cosiddetta “Siderno Group of Crime”, ovvero, quell’organizzazione criminale operante in Canada ed in Australia, che dipendeva direttamente dalla cosca madre di Siderno. Dopo l’omicidio di Antonio Macrì, avvenuto nel 1975, nel corso degli anni, prese il potere Cosimo Commisso classe 1950 “u quagghia”, alla cui famiglia erano alleati i Costa, fino all’omicidio di Luciano Costa, fratello del collaboratore, ucciso dai Commisso il 21.1.1987, per vendicare un furto di armi a casa di  Cosimo Commisso.

Tale omicidio aprì la sanguinosa faida, in cui si inquadra l’uccisione di Vincenzo Figliomeni.

Il collaboratore di giustizia, nel corso degli interrogatori, ha attribuito al fratello  Tommaso Costa un ruolo decisivo nell’omicidio. Il gip presso il Tribunale di Reggio Calabria, pertanto, ha ritenuto attendibili le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, disponendo la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di Costa, che gli è stata notificata nel carcere di Viterbo, dove è attualmente detenuto.