A 9 anni dai funerali di Pasquale Andreacchi: «Assetati di giustizia»

Il ragazzo scomparve da Serra San Bruno e i suoi resti vennero fatti ritrovare in luoghi diversi. Per quell’omicidio ancora nessun colpevole. La zia: «È dura tesoro mio ma andiamo avanti sempre»

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di Tiziana Bagnato
14 maggio 2019
15:31

Nove anni fa venivano celebrati i funerali di Pasquale Andreacchi. Un giovane poco più che diciottenne, scomparso da casa a Serra San Bruno e i cui resti furono ritrovati mesi dopo. Ucciso, violato, calpestato nella sua dignità ed intimità. Un delitto per il quale nessuno ha pagato.

 


E proprio la mancanza di un colpevole aggiunge sale sulle ferite dei suoi familiari in cui gli anni passati poco sono serviti a lenire il loro dolore. Il “gigante buono”, così veniva chiamato Pasquale, alto più di due metri e timido e riservato, tanto da riuscire difficilmente a reggere lo sguardo altrui. Poco più che un bambino, non ancora un uomo, estraneo ad ambienti malavitosi, ucciso con ferocia.

 

Nove anni di silenzi, di testimonianze ritrattate, di indagini fallite, ma gli Andreacchi continuano a chiedere e pretendere giustizia per il loro ragazzo. Nove anni di lotte i loro, in cui non si sono mai risparmiati per assicurare alla giustizia chi non solo rubò la vita a Pasquale, ma ne diede anche il corpo in pasto agli animali selvatici facendolo poi ritrovare poco a poco.

 

«I ricordi straziano il cuore, il ricordo del tuo addio, il ricordo del tuo viaggio verso la casa di Dio, il ricordo di quella bara bianca mezza vuota. Chi ha voluto che la tua vita dovesse fermarsi - dice la zia di Pasquale, Maria Antonietta, rivolgendosi al nipote - ci ha voluto restituire solo una parte di te ma non sa che tu vivi dentro di noi giorno dopo giorno in ogni cosa che facciamo in ogni nostro ricordo. È dura tesoro mio, ma andiamo avanti sempre assetati di giustizia, quella giustizia che purtroppo sembra non arrivare mai».

 

L’unica pista seguita nelle indagini il debito per un cavallo, uno stallone. Pasquale lo aveva acquistato da poco e non era ancora riuscito a saldarne l’acquisto perché il premio assicurativo su cui contava per sanare la cifra non era arrivato. Era stato proprio lui a confidare di essere stato più volte minacciato dai proprietari dell’animale che avrebbero voluto venire in possesso del saldo della somma dovuta subito. Una pista che fino ad ora non ha portato a nulla.

 

Il caso era stato anche archiviato, poi riaperto, alcuni testimoni si sono ritirati. La famiglia ha cambiato negli anni diversi legali. Le indagini sembrano ferme ad un punto morto. Eppure, qualcuno ha premuto quel grilletto che ha sparato i colpi che hanno causato i fori al femore e al cranio di Pasquale. E quel qualcuno è a piede libero.

Giornalista
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