«La moderna 'competitività' criminale della 'ndrangheta è da ritrovarsi nell'elevato livello di infiltrazione all’interno del mondo politico-istituzionale ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche». A lanciare l’allarme è l’ultima Relazione semestrale della Direzione investigativa antimafia presentata al Parlamento. «La diffusa corruttela – scrivono gli analisti della Dia - interviene sulle dinamiche relazionali con gli enti locali sino a poterne condizionare le scelte e inquinare le competizioni elettorali. In tal modo diviene evidente la possibilità che la corretta direzione della ‘cosa pubblica’ venga alterata». La 'ndrangheta, «senza abbandonare il ruolo di leader nel traffico internazionale di cocaina, potrebbe tentare una ulteriore espansione dei propri affari illeciti anche attraverso possibili mutamenti degli equilibri criminali con sodalizi di diversa matrice. Le cosche calabresi in una sorta di modello criminale fluido si presentano sempre più capaci di allacciare relazioni sia con le organizzazioni leader nel narcotraffico, sia con funzionari e rappresentanti degli enti locali, imprenditori e liberi professionisti, la cui collaborazione appare strumentale alla realizzazione degli affari illeciti connessi con l’infiltrazione nell’economia».

Il ruolo “filantropico” della ‘Ndrangheta

«La criminalità organizzata calabrese – si legge ancora nella Relazione - al pari delle omologhe matrici mafiose si è mostrata da sempre abile a proporsi con azioni ‘filantropiche’ a sostegno di famiglie in sofferenza innescando un meccanismo di dipendenza da riscattare a tempo debito. Si pensi a quelle migliaia di lavoratori ‘in nero’ che in prospettiva potrebbero essere disposti a farsi coinvolgere in azioni criminali pur di garantire un sostentamento alle proprie famiglie alimentando anche il bacino di consenso ‘mafioso’ in occasioni elettorali».

Anche sul fronte imprenditoriale «le mafie potrebbero proporre alle ditte in crisi di liquidità aiuti volti alla prosecuzione dell’attività salvo poi tentare di subentrare negli asset proprietari per riciclare le loro disponibilità illecite ed ampliare i propri settori produttivi in ogni area del Paese. A ciò si aggiunga la minaccia dell’usura ed il conseguente impossessamento delle imprese in difficoltà in relazione alla quale, a causa della scarsa propensione delle vittime a denunciare, non si dispone di una puntuale ed immediata stima del fenomeno. Occorre tener conto, altresì, della capacità delle consorterie criminali calabresi di relazionarsi con quell’’area grigia’ di professionisti e dipendenti pubblici infedeli che costituiscono il volano per l’aggiudicazione indebita di appalti pubblici». Ancora una volta, in sostanza, «l’analisi delle risultanze giudiziarie ed investigative intervenute nel primo semestre 2021 restituisce l’immagine di una ‘ndrangheta silente ma più che mai viva nella sua vocazione affaristico-imprenditoriale».

I fondi del Pnrr

Non solo: «Considerata la spiccata capacità imprenditoriale evidenziata durante il perdurare dell’emergenza sanitaria con la tendenza a infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale, è più che ragionevole ipotizzare che le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni verso i fondi comunitari destinati al Piano nazionale ripresa e resilienza». Nella Relazione semestrale la Dia tende a sottolineare «che i finanziamenti necessari per fronteggiare la crisi originata dall’emergenza sanitaria e per assicurare un tempestivo sostegno economico in favore delle categorie più colpite dalle restrizioni potrebbero invece rappresentare una ulteriore fonte di guadagno a vantaggio delle consorterie». Da qui la raccomandazione a «mettere in pratica tutti gli accorgimenti e i controlli necessari volti ad impedire che le imprese a vario titolo riconducibili a sodalizi mafiosi riescano a penetrare la filiera dell’erogazione dei fondi».

Pentiti, inversione di tendenza

«L’affermazione dei sodalizi criminali calabresi è da ricercarsi, innanzitutto, nella loro composizione organizzativa su base familiare sempre coesa all’interno». E questo «nonostante l’ormai numero elevato di ‘ndranghetisti che di recente hanno deciso di collaborare con la giustizia». «Il quasi inedito fenomeno delle ‘collaborazioni’ – segnala la Relazione - costituisce sicuramente una significativa inversione di tendenza non solo all’interno dei sodalizi ma anche e soprattutto nei contesti sociali dove l’assoggettamento e l’omertà sono fattori fortemente radicati sul territorio, rappresentando le manifestazioni della presenza e del controllo mafiosi».