La storia di un malato oncologico del Catanzarese che non riesce ad avere il risultato di un esame medico che assicura la compatibilità con la terapia considerata “urgente”. Dall'ospedale di Cosenza nessuno risponde al telefono e per parlare con qualcuno bisogna suscitare pietà
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Per chi ha avuto la cattiva sorte ammalarsi ora, questo lungo anno di pandemia si è trasformato in un incubo peggiore dello stesso male. I racconti sofferenti di chi sta vivendo, giorno dopo giorno, la propria emergenza personale, in un tempo di emergenza globale, quasi non si contano più.
I problemi della sanità
In Calabria curarsi è un rebus e la cosa peggiore è che a dirlo sembra di ripetere una tiritera retorica che quasi non fa più effetto. La nostra sanità, a immaginarla, è una spina grossa piantata in un fianco smagrito e secco.
Gli ospedali traboccano di problemi, primo fra tutti la carenza di personale e la mancanza di un filo diretto capace di assicurare un efficace collegamento tra pazienti, familiari e reparti. Così capita che per avere un’informazione, sia necessario macinare chilometri su chilometri.
Avere un'informazione è un'odissea
Questa è la storia di un uomo di 64 anni, originario del Catanzarese che ha scoperto di essere affetto da un tumore al quarto stadio. Il suo è rubricato come caso urgente ma prima di iniziare la chemioterapia deve attendere l'esito di un’analisi specifica che testi la compatibilità con le cure.
Il 9 febbraio scorso ha effettuato il prelievo all’ospedale di Cosenza, uno dei pochi fornito di un macchinario ad hoc per processare il campione.
Purtroppo sul foglio di consegna dei risultati la data l’ha rinviato a un mese più in là. Ma le sue condizioni non ammettono temporeggiamenti e così nell’ultima settimana i familiari hanno cercato di contattare il reparto adibito all’analisi per capire se la procedura in qualche modo si poteva accorciare.
«Siamo solo in tre»
Una missione praticamente impossibile perché, ai numeri indicati sul sito dell’ospedale, nessuno ha mai risposto. Allora l'unica soluzione è stata quella di mettersi in macchina, direzione Cosenza.
Giunti all’ospedale riuscire a parlare con un responsabile è stato complicatissimo. Solo da una linea interna, e grazie a un addetto alla guardiola che ha preso a cuore la vicenda, hanno avuto una risposta.
Il perché di questi rallentamenti è stato spiegato in sei parole dal dirigente del reparto: «Siamo rimasti solo con tre biologi». Mentre i medici calabresi vengono chiamati altrove a dare supporto agli ospedali fuori regione, le strutture calabresi continuano a svuotarsi e impoverirsi. Da un lato ci sono i medici in servizio che sono quasi allo stremo, dall’altra pazienti e famiglie appese a una telefonata che non arriva mai.