Dopo il silenzio si va alla ricerca della verità e sulle responsabilità anche la scuola frequentata dalla minorenne che avrebbe partorito il piccolo chiede chiarezza: «Gravidanza? Aumento di peso giustificato dalla madre della 13enne con l'assunzione di farmaci»
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Dopo aver ricostruito in pare un’agghiacciante verità che ha portato una nonna in carcere con l’accusa di aver ucciso il nipote appena nato abbandonandolo tra gli scogli, resta da comprendere come si sia potuti arrivare a tanto senza che nessuno intervenisse in tempo intercettando l’evidente disagio in cui viveva la famiglia. Una ragazzina 13enne, poco più di una bimba con un deficit e una famiglia già seguita dai servizi sociali. Tante le figure professionali che sono ruotate attorno a una gravidanza indesiderata, quella di una minorenne, e a una famiglia abbandonata dal padre e che viveva in una situazione molto delicata. Si è ipotizzato addirittura un giro di prostituzione. Ma nessuno aveva mai interessato gli organi competenti per mettere in sicurezza le due sorelline.
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Mentre le indagini proseguono la donna resta in carcere e non ha inteso rispondere alle domande degli inquirenti. Intanto Villa fa i conti con le responsabilità sociali di quanto accaduto. E a chiarire i contorni di una vicenda tetra è stata la dirigente scolastica dell’istituto frequentato dalla ragazzina.
«La bambina è stata seguita con particolare attenzione, dato che aveva difficoltà di gestione personale. È stata affidata alla madre, che è stata molto presente durante il triennio scolastico, forse anche troppo. La madre aveva contatti quotidiani con la scuola, sia tramite il telefono istituzionale che quello privato, poiché non era in grado di usare il registro elettronico, anche se alcune comunicazioni sono state inviate tramite quest'ultimo».
La madre
Una madre e un copione da seguire. Una madre che aveva visto già altri figli allontanati. Ma, a dire della dirigente, «la madre non ha mai dato l'impressione di essere diversa dalle altre, se non per essere forse un po' troppo apprensiva. Ha instaurato un rapporto quotidiano con l'insegnante di sostegno e con i docenti di classe, comunicando sempre le assenze e le problematiche di salute della bambina. Nessun segnale ha mai fatto presagire una problematica legata alla madre. Era sempre presente agli incontri, comunicava le assenze della figlia direttamente con l'insegnante di sostegno e assicurava che la bambina venisse a scuola pulita e con tutto il materiale necessario. La madre interveniva prontamente ogni volta che veniva chiamata, forse con un'eccessiva attenzione e preoccupazione per lo stato di salute della bambina».
Realtà parallela
Una realtà, quella raccontata dalla dirigente, che stride con quanto accaduto. Una donna capace di far partorire in casa la figlia minorenne per poi uccidere e sbarazzarsi del corpicino del nipote. Una verità ancora da ricostruire. Intanto, però, la scuola ha preso una posizione. «Alla luce di quanto è successo, ci sentiamo ingannati. L'intero consiglio di classe, i responsabili di plesso e i collaboratori scolastici si sentono tutti ingannati perché la madre aveva un'interlocuzione quotidiana con la scuola. La signora telefonava durante la mattinata per accertarsi dello stato di salute della bambina, veniva a scuola per cambiarla. L'ultima volta che la bambina è stata vista a scuola è stato il 20 maggio. Quel giorno, la bambina non ha mai palesato problematiche di natura fisica o psicologica».
Le responsabilità
Ma alla domanda che tutti si sono posti, ovvero, come sia stato possibile che nessuno a scuola si sia accorto della gravidanza, la dirigente ha chiarito che «la madre aveva giustificato l'aumento di peso della bambina con l'assunzione di farmaci, un cortisone, a causa di una forte dermatite agli arti inferiori diagnosticata a febbraio. Inoltre, la madre aveva anche attribuito l'aumento di peso a uno stile alimentare disordinato.
Come preside, venivo avvisata dall'insegnante di sostegno delle comunicazioni che intercorrevano tra quest'ultima e la madre riguardo alle preoccupazioni scolastiche. Nulla ha mai fatto presagire che la madre stesse mentendo, tanto che ha perfino inviato le prescrizioni mediche tramite WhatsApp, relative alle visite e all'assunzione dei farmaci. Lunedì 20, la bambina è venuta a scuola, ha chiesto di andare in bagno e, al ritorno, ha chiesto che venisse chiamata la madre perché, a suo dire, le era ritornato il ciclo. La docente di sostegno ha contattato immediatamente la madre, che è venuta a scuola per cambiare la bambina».
Il ruolo dei docenti
Assurdo raccontarlo quanto immaginarlo. Esistono responsabilità che, però, non possono essere ignorate. E la scuola lo sa bene. Proprio per questo incalza chi conosceva la situazione reale. «Alla luce di quanto è successo, come scuola e come preside non ho nulla da recriminare. Forse, si può dire che bisogna dubitare di tutti, anche di chi ci è vicino. La scuola non ha mai ricevuto alcuna comunicazione dal tribunale o dai servizi sociali riguardante problematiche familiari della bambina. Anzi, a settembre, la madre si era recata nel mio ufficio per chiedere un permesso di uscita anticipata per la bambina, sostenendo che non poteva prendere il pulmino scolastico perché veniva derisa dai compagni. La madre mi aveva riferito di essere coniugata con il padre delle bambine, impiegato su navi da crociera con uno stipendio di circa cinquemila euro al mese, cosa che si è rivelata falsa».
«Abbiamo rivisto i temi della bambina e non è emerso nulla di particolare. La bambina ha delle difficoltà di scrittura, segue una programmazione differenziata, e non ha mai manifestato un cambio di comportamento o disagio. La bambina ha sostenuto l'esame di licenza. Abbiamo predisposto tutto per lei, in una sezione dedicata, perché rimarrà sempre nei nostri cuori. La scuola è stata fondamentale per arrivare alla conclusione di questa indagine. La docente di sostegno ha fornito evidenze documentali all'autorità giudiziaria, comprese le comunicazioni telefoniche registrate e i messaggi WhatsApp». L'insegnante di sostegno è stata fondamentale, smascherando la madre durante un'interlocuzione telefonica guidata dall'autorità giudiziaria. «Questo ha rivelato la malafede della madre, facendoci comprendere che la persona che avevamo di fronte non era quella donna benevola che pensavamo. La madre aveva riferito che la bambina era dimagrita grazie a una puntura somministrata dal pediatra, cosa che si è rivelata falsa».