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C'è una città che festeggia i suoi primi cinquanta anni e una città che ricorda due vittime innocenti della ‘ndrangheta. E' la ‘ndrangheta che non perdona, la ‘ndrangheta che non lascia scampo. Nel giorno in cui sono iniziati i festeggiamenti per il cinquantesimo anniversario della nascita di Lamezia Terme, la città ha ricordato i coniugi Aversa.
È la sera del 4 gennaio 1992, sono circa le 19.00. Lamezia Terme è avvolta ancora nel clima di feste natalizie. Salvatore Aversa, 59 anni, e sua moglie, Lucia Precenzano, 55 anni, sono appena usciti da un palazzo in via dei Campioni. Stanno per salire sulla loro auto quando due killer col volto scoperto si avvicinano e sparano decine di colpi, forse trenta. Il commissario muore sul colpo trivellato da numerosi colpi al torace e alla schiena, Lucia esala il suo ultimo respiro durante la vana corsa in ospedale. È un delitto che scuote l'intera comunità lametina ed è anche l’inizio di una vicenda giudiziaria lunga e travagliata, il cui epilogo fatica ad arrivare.
La “supertestimone”
Non passano molti giorni dal brutale omicidio e spunta una testimone, Rosetta Cerminara. Rosetta dichiara alla polizia di aver visto i due killer, non ha paura e fa nomi e cognomi: si tratta del suo ex fidanzato Renato Molinaro e l'amico Giuseppe Rizzardi. I due furono a lungo processati.
Rosetta diventa un’eroina per Lamezia e non solo. Riceve anche la medaglia al valore civile il 27 maggio del 1997 dall’allora presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Ma la gloria dura poco. Cadono le accuse, cadono le sue affermazioni. Con l’efferato duplice omicidio non è coinvolto né il suo ex fidanzato, Renato Molinaro, né il suo presunto complice, Giuseppe Rizzardi. I due sono assolti definitivamente il 21 maggio del 2002. Rosetta Cerminara, nel 2007 fu condannata a 2 anni e 2 mesi di reclusione per calunnia e truffa aggravata ai danni dello Stato.
Il ruolo dei collaboratori di giustizia
Le nuove indagini partiranno nel 1995 grazie alle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia. Salvatore Aversa e la moglie Lucia Precenzano sarebbero stati uccisi su ordine della criminalità organizzata di Lamezia Terme. I responsabili di quell’omicidio sono altri, risiedono nei vertici della ‘ndrangheta.
Gli organizzatori dell’omicidio furono individuati nei due pentiti della Sacra corona unita pugliese, Salvatore Chirico e Stefano Speciale che confessarono nel gennaio del 2002. Insieme ai due furono condannati a 18 anni Cosimo Damiano Serra, accusato di aver partecipato all’organizzazione, e all’ergastolo Antonio Giorgi, presunto esponente del clan di San Luca che avrebbe dato incarico ai primi due di mettersi a disposizione delle cosche lametine. Per quell’omicidio Francesco Giampà, a capo dell’omonima cosca lametina, fu condannato all'ergastolo per esserne stato il mandante.
Perchè proprio Salvatore Aversa
L’omicidio sarebbe stato una lezione esemplare per punire l’arroganza di un investigatore che usava metodi forti anche con le donne dei boss, capaci di sostituirsi anche agli uomini quando questi finivano in galera, così sottolineato in un articolo scritto dal direttore del Quotidiano della Basilicata, Paride Leporace. Da qui la decisione di non risparmiare neppure la moglie del poliziotto.
Salvatore Aversa era un poliziotto intransigente e ligio al dovere, che aveva passato la sua lunga carriera a cercare di far luce sulla zona grigia che offuscava Lamezia, un poliziotto tanto temuto da dar fastidio a qualcuno, tanto esperto da decidere come unica estrema soluzione quella di “farlo fuori”.
Ieri la cerimonia di commemorazione. Il servizio di Agostino Pantano: