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Sette fermati e cinque indagati a piede libero. Bruno Lazzaro, ucciso il 4 marzo, avrebbe aperto il fuoco contro Giovanni Nesci
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di G. B.
9 aprile 2018
15:21

C’è anche Bruno Lazzaro di Sorianello, il giovane di 27 anni ucciso il 4 marzo scorso a coltellate mentre si trovava lungo la strada Statale 182 (nipote per parte di madre di Salvatore Inzillo, ucciso nel giugno scorso e ritenuto vicino al clan degli Emanuele) fra le persone indagate per il tentato omicidio di Giovanni Nesci e del fratello 12enne (affetto dalla sindrome di down) commesso il 28 luglio scorso. Un fatto di sangue per il quale la Dda di Catanzaro ha oggi proceduto con sette fermi di indiziato di delitto. 

 


Unitamente ad Antonio Farina, 43 anni, di Soriano Calabro, Rosa Inzillo, 50 anni, e Michele Nardo, 47 anni, di Sorianello, Bruno Lazzaro avrebbe concorso nel fatto di sangue. Rosa Inzillo e Michele Nardo con il ruolo di concorrenti morali, quali istigatori ed organizzatori del progetto omicidiario, Antonio Farina ed il defunto Bruno Lazzaroquali esecutori materiali del tentato omicidio di Giovanni Nesci e del fratello minorenne. Le vittime designate riuscivano a trovare riparo all’interno della loro residenza, dietro un’insenatura del muro della sala d’ingresso e nel piano seminterrato, ove attendevano che gli assalitori terminassero le munizioni, venendo poi soccorsi dal padre e da altro fratello. In particolare – su mandato di Rosa Inzillo e Michele Nardo, Antonio Farina e Bruno Lazzaro si sarebbero posizionati nella tarda serata del 28 luglio scorso in uno stabile disabitato di Sorianello, su corso Vittorio Emanuele II, di fronte all’abitazione delle persone offese attendendone il rientro ed esplodendo poi al loro indirizzo numerosi colpi di arma da fuoco e, nella specie, almeno quattro colpi di fucile calibro 12 e 9 colpi di pistola calibro 9. Ai tre indagati vengono quindi anche contestati i reati di ricettazione, porto e detenzione illegale di armi da fuoco: il fucile calibro 12 marca Breda, compendio di un furto consumato a Stoppiana (Vc) il 13 febbraio 2011, e la pistola calibro 9 usata contro i fratelli Nesci. 

 

Altri reati in materia di detenzione e porto illegale di armi (un’arma corta non meglio identificata e il relativo munizionamento calibro 7,65) vengono contestati al solo Michele Nardo,mentre lo stesso Nardo e Vincenzo Cocciolo, 30 anni, di Gerocarne, sono accusati di detenzione e porto illegale di armi. Rosa Inzillo (arrestata), Teresa Inzillo e Maria Rosaria Battaglia (indagate a piede libero) sono poi indagati per detenzione illegale di un’arma da fuoco corta non meglio identificata, “originariamente posseduta da Inzillo Rosa e poi ceduta a Battaglia Maria Rosaria”. Tale contestazione porta la data del 6 gennaio scorso. 

 

Michele Nardo, Rosa Inzillo, Viola Inzillo (di 52 anni, nativa a Sorianello, residente a Gerocarne), Antonio Farina (arrestato), Salvatore Emmanuele e Ferdinando Bartone (tali ultimi due a piede libero) sono quindi accusati - in concorso con il defunto Bruno Lazzaro - di aver ostacolato l’identificazione della provenienza delittuosa di un’autovettura Fiat Punto (in ragione dell’assenza del numero di telaio), rinvenuta e sequestrata in data 23 gennaio 2018. Con l’aggravante di aver commesso il fatto al fine di mettere a segno il progetto omicidiario in danno di Giovanni Nesci. Con l’ulteriore aggravante di essersi avvalsi del contributo causale del figlio minore di Rosa Inzillo. Alla sola Viola Inzillo vengono poi contestati una serie di ipotesi di reato legate alla detenzione illegale di un fucile da usare contro Giovanni Nesci, arma nascosta in concorso con il defunto Bruno Lazzaro, così come una serie di munizioni.

 

Michele Nardo, Antonio Farina, Vincenzo Cocciolo, Gaetano Muller, Domenico Inzillo (tutti arrestati) e Michele Idà (indagato a piede libero) sono infine accusati di detenzione e porto in luogo pubblico di un fucile Franchi automatico provento di un furto commesso a Montù Beccaria (Pv) l’8 maggio 2012, nonché di ulteriori armi e munizioni. Materiale risultato inizialmente nella disponibilità di Michele Nardo e Antonio Farina, i quali l’avrebbero ceduto successivamente a Gaetano Muller che lo avrebbe custodito, a propria volta, tramite Michele Idà. Con l’aggravante di aver commesso il fatto per mettere a segno il progetto omicidiario in danno di Giovanni Nesci. Tutti i reati sono inoltre aggravati dalle finalità mafiose. L'inchiesta è stata condotta dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, e dal pm della Procura di Vibo Valentia, Filomena Aliberti, applicata per questa inchiesta all'antimafia. 

Giornalista
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