A gennaio la scarcerazione con revoca della custodia cautelare in carcere in assenza del giudizio d’appello, ed il solo divieto di dimora in provincia di Vibo e l’obbligo di presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria con il divieto di allontanarsi da casa dalle ore 23 alle ore 7 del mattino. Ora, quindi, lo stesso gup distrettuale di Catanzaro – Pietro – Carè – ha revocato per Carmine Il Grande, 61 anni, ritenuto il capo dell’omonimo clan della ‘ndrangheta di Parghelia (condannato in primo grado a 10 anni di carcere) ha revocato anche la misura cautelare del divieto di dimora in provincia di Vibo Valentia e l’obbligo di presentarsi alla polizia giudiziaria. Torna, quindi, totalmente libero Carmine Il Grande che potrà far rientro nella sua Parghelia. Il gup – che deve ancora depositare le motivazioni della sentenza in abbreviato di “Costa Pulita” emessa il 31 luglio 2018 e che vedono imputato anche Carmine Il Grande – ha infatti accolto un’istanza degli avvocati Daniela Garisto e Luca Cianfaroni che hanno chiesto ed ottenuto dal giudice la nullità dell’ordinanza del 25 gennaio scorso per difetto della domanda cautelare del pubblico ministero.

 

gennaio, in mancanza del deposito delle motivazioni della sentenza “Costa Pulita” nei confronti di 31 imputati, sono stati scarcerati anche: Pasquale Prossomariti, 35 anni, di Santa Domenica di Ricadi, condannato a 7 anni e 4 mesi di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione aggravata; Leonardo Melluso, 55 anni, di Briatico, che ha lasciato il carcere di Terni – condannato in primo grado a 10 anni di reclusione e ritenuto a capo dell’omonimo clan federato con le “famiglie” Accorinti e Bonavita; Giancarlo Lo Iacono, 46 anni, di Zambronecondannato a 8 anni di carcere; Ferdinando Il Grande, 38 anni, di Parghelia, condannato ad 8 anni di reclusione

 

Sempre a causa del mancato deposito delle motivazioni della sentenza, il Tar del Lazio ha sospeso il giudizio intentato dagli ex amministratori di Briatico contro lo scioglimento degli organi elettivi per infiltrazioni mafiose. I giudici amministrativi, per decidere, hanno bisogno delle motivazioni sulla condanna riportata dall’ex sindaco Andrea Niglia. Ma quasi due anni di tempo non sono stati sinora sufficienti per il deposito della sentenza (emessa con rito abbreviato, fra l’altro) ed ogni commento sul funzionamento della giustizia (e sui discorsi in ordine alla “fiducia” nelle istituzioni), appare superfluo.