‘Ndrangheta, l’omicidio Castiglione e le pressioni per il controllo di Roccabernarda

NOMI-VIDEO | Fatta luce sul delitto commesso nel 2011 e sgominato un gruppo criminale dedito alla commissione di reati finalizzati a raggiungere l’assoggettamento della popolazione. Coinvolti anche funzionari dell’ufficio tecnico del Comune accusati di aver favorito l’organizzazione nella realizzazione di opera edilizie abusive

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di Redazione
30 luglio 2018
12:08

La Compagnia Carabinieri di Petilia Policastro ha eseguito, nel comune di Roccabernarda, 11 ordinanze di custodia cautelare in carcere, emesse dal Gip del Tribunale di Catanzaro su richiesta della Procura della Repubblica – Dda di Catanzaro, nei confronti di altrettante persone responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione di tipo mafioso, omicidio, tentato omicidio, detenzione e porto illegale di armi, ricettazione, danneggiamenti, furti, uccisioni di animali, falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici e abuso d’ufficio, tutti i reati sono aggravati dal c.d. metodo mafioso.

L'omicidio Casiglione e le pressioni per il controllo del territorio

L’indagine, convenzionalmente denominata Trigarium, è stata avviata a seguito dell’omicidio in danno di Rocco Castiglione, e del tentato omicidio del fratello Raffaele, avvenuti con un agguato nelle campagne di Roccabernarda il 31 maggio 2014.
Le investigazioni, condotte dal personale del Nucleo Operativo della Compagnia di Petilia Policastro, da maggio 2014 a maggio 2015, hanno consentito di accertare la presenza in Roccabernarda di una locale di ‘ndrangheta dedita alla commissione di reati contro il patrimonio (in particolare furti e uccisioni di animali d’allevamento e da cortile, danneggiamenti aggravati alle colture, a veicoli, a sistemi irrigui, a mezzi meccanici, nonché estorsioni) nella maggior parte dei casi ai danni di persone intimidite, tanto da farle desistere anche solo dal presentare denuncia dei torti subiti. Tutto era finalizzato infatti a raggiungere uno stato di assoggettamento della popolazione attraverso un atteggiamento prevaricatore e di conseguenza un controllo e uno sfruttamento delle poche risorse economiche della zona.
Da sottolineare come, in un piccolo territorio come quello di Roccabernarda, l’influenza di un’organizzazione di tipo ‘ndranghetistico viene esercitato, non già attraverso reati di elevata portata, ma anche e soprattutto con condotte che sebbene appaiono apparentemente veniali (ad es. furto di ortaggi e verdure) hanno però la capacità di mettere sotto pressione la comunità cittadina soggiogandola ai voleri della cosca.



I carabinieri, sotto la guida della Procura della Repubblica Distrettuale, sono riusciti ad individuare i componenti del sodalizio criminale, composto da 15 indagati (11 raggiunti da provvedimenti cautelari) al cui vertice si è imposto Antonio Santo Bagnato, ideatore dell’omicidio, determinato dalla sua volontà di affermarsi sul territorio quale vertice dell’organizzazione criminale a discapito della famiglia Castiglione, scoprire e ricostruire numerosi reati contro il patrimonio commessi dai sodali con il benestare o per volontà del Bagnato.

 

Antonio Santo Bagnato, reggente del "locale" di 'ndrangheta di Roccabernarda, aveva assunto un ruolo tale nella vita dei cittadini del comune del Crotonese «tanto da avere pretese di conciliatore nelle controversie tra privati e farsi addirittura chiamare 'santo patrono'». É uno degli aspetti emersi dall'operazione denominata "Trigarium" che ha portato all'esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare nei confronti dello stesso Bagnato e di altre 10 persone.

Coinvolti funzionari comunali

Le indagini hanno permesso anche di accertare la commissione di alcuni reati commessi da funzionari dell’Ufficio tecnico del comune di Roccabernarda al fine di favorire l’organizzazione criminale nella realizzazione di opera edilizie abusive; infatti, nel caso ricostruito dai carabinieri della Compagnia di Petilia Policastro, l’atteggiamento dell’ufficio tecnico comunale che ha rilasciato il permesso di costruire violando la legge, non si è limitato a favorire di fatto Antonio Santo Bagnato, ma ha allo stesso tempo rafforzato il “prestigio” dell’organizzazione laddove si consideri che la condotta dei due pubblici ufficiali, nell’impedire che il capo locale venisse bloccato nella realizzazione di un manufatto in cemento armato in corso di realizzazione e di una stalla, prendendo immediatamente dei provvedimenti e consentendone il dissequestro, ha dato l’ennesima conferma all’esterno della soggezione della comunità tutta alla cosca.

Gli indagati:

Santo Antonio Bagnato

Antonio Cianflone

Domenico Iaquinta

Antonio Marrazzo

Gianluca Lonetto

Mario Riccio

Giuseppe Bagnato

Michele Marrazzo

Emanuele Valenti Carcea

Maurizio Bilotta

Salvatore Aprigliano

 

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