Contromafiecorruzione

«In Calabria sembra che la ’ndrangheta non sia una priorità politica»: l’affondo dal palco di Libera a Vibo Valentia

L’analisi amara del sociologo Rocco Sciarrone: «Clan sottovalutati negli anni, mi chiedo se per calcolo o incompetenza. Oggi c’è attenzione mediatica ma poca analisi». Il magistrato della Dna Dolce: «Serve una riforma del 416 bis: combattiamo le mafie con norme troppo datate»

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di Alessia Truzzolillo
18 ottobre 2024
22:16

«Com’è possibile che una Asp come quella di Vibo Valentia venga sciolta per due volte in 14 anni? Possibile che la pubblica amministrazione non riesca a bonificarsi, a ripulirsi dalle infiltrazioni mafiose?». Sono alcuni degli interrogativi che si pone Rocco Sciarrone, sociologo e docente all’università di Torino. Nel corso del panel “La Calabria, le Calabrie. Con un piede nel passato, il cuore nel presente e lo sguardo dritto al futuro”, all’interno della tre giorni “Contromafiecorruzione” organizzata a Vibo da Libera, i relatori non hanno avuto parole di elogio per le amministrazioni pubbliche. Giuseppe Pulicanò, vicesindaco di Polistena e coordinatore regionale di Avviso Pubblico ha tracciato un quadro severo: su quasi 400 scioglimenti di enti pubblici per mafia, oltre 300 sono avvenuti in Calabria. E anche se la presenza delle mafie si attesti ormai anche fuori dai confini delle regioni meridionali, il dato è che il 96 percento dei Comuni sciolti per infiltrazioni si trova nelle quattro regioni del Mezzogiorno. «Le mafie – ha detto Pulicanò – sono capaci di inserirsi nel processo di formazione delle liste per le elezioni e molte infiltrazioni avvengono nei piccoli Comuni, quelli con meno di 20mila abitanti». Non è un caso che uno degli obbiettivi di Avviso Pubblico sia quello di rendere pubbliche le relazioni delle commissioni di accesso, perché i cittadini prendano contezza e coscienza di quello che avviene nei loro territori.
Certo, accanto ai collusi, l’altra faccia della medaglia è quella degli amministratori intimiditi.

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Dolce: «Riscrivere l’articolo 416 bis»

Restando sul tema della ‘ndrangheta che inquina il tessuto politico (e quello economico) il magistrato della Direzione nazionale antimafia Salvatore Dolce ha affermato che bisognerebbe «riscrivere l’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr), una norma nata 50 anni dopo la nascita del codice penale». La ragione? «Le mafie – spiega Dolce – hanno oggi abbandonato il metodo violento e abbracciato quello collusivo».
Anche secondo il magistrato vi è poca attenzione al fenomeno mafioso. Basti pensare che «la Procura di Catanzaro dal 1992 fino a quando non è arrivato Nicola Gratteri ha avuto solo sei magistrati in Dda. Io sono stato solo su Crotone per dieci anni».


In tempi più recenti è emerso dal progetto Capturing Calabria, spiegato dal docente dell’università di Pisa Alberto Vannucci, il fenomeno della cattura dello Stato da parte delle organizzazioni mafiose. La capacità di piegare la volontà dell’attore pubblico, i Comuni in particolare, ai desiderata della criminalità. Non è un caso che una delle ricette vincenti per sconfiggere la mafia sia quella di far funzionare bene la Pubblica Amministrazione.

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«La ‘ndrangheta non è una priorità politica di questa regione»

Eppure, nonostante i numeri e le indagini, è opinione del professore Sciarrone che la ‘ndrangheta venga più studiata all’estero che non in Calabria. «La ‘ndrangheta non pare essere una priorità politica di questa regione», affonda il professore in riferimento alla platea dell’evento, povera di rappresentati istituzionali.
Il docente pone una serie di quesiti ancora irrisolti sul fenomeno della ‘ndrangheta. Primo tra tutti: perché è stata così tanto sottovalutata negli anni passati tanto da permetterle di crescere a livello globale? «Incapacità? Incompetenza? Collusione? Calcolo?», si chiede Sciarrone che è convinto che oggi la disattenzione nei confronti della ‘ndrangheta prosegua sotto altra veste. 
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