Tremano cosche e colletti bianchi di Reggio: c'è un nuovo pentito

Condannato a 12 anni nel processo Araba fenice, dopo sei anni di carcere decide di collaborare con la giustizia l'imprenditore Pino Liuzzo

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di Redazione
7 dicembre 2019
13:48

«Il collettore di cartelli ‘ndraghetistici che decideva a chi dare gli appalti»: così era stato definito da procuratore aggiunto di Reggio Giuseppe Lombardo Pino Liuzzo, il boss imprenditore che sarebbe stato a capo di una vera e propriaholding criminale”, capace di infiltrare il settore dell’edilizia privata. Ma ora «si è stancato». Dopo sei anni di carcere (condannato a dodici nel processo Araba Fenice) alla fine Liuzzo ha deciso di collaborare con la giustizia. Si è pentito e dinanzi al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Walter Ignazitto lo scorso ottobre ha confermato la sua scelta. È quanto riporta l’edizione odierna de Il Fatto Quotidiano.

Tremano dunque le cosche e i colletti bianchi di Reggio Calabria. Nei verbali del boss imprenditore c’è il contesto criminale reggino fatto di appalti decisi a tavolino tra le principali famiglie mafiose, ma anche legami tra cosche, imprenditori, professionisti insospettabili e politici.


Legato alla cosca Rosmini e con interessi economici fino in Lombardia conferma ai magistrati tutte le accuse che la Dda gli ha contestato nell’inchiesta del 2013. Finì in carcere anche la compagna e le Fiamme gialle gli sequestrarono beni per circa 90 milioni di euro. Un impero che, secondo gli inquirenti, Liuzzo aveva realizzato grazie al contributo collusivo di colletti bianchi: commercialisti, avvocati, funzionari di banca e amministratori giudiziari a disposizione degli interessi mafiosi.

Ma a finire nei verbali di Liuzzo c’è anche il mondo della politica e professionisti. Ci sarebbero Matacena e Sarra e ci sarebbe anche il medico Francesco Cellino che il pentito aveva conosciuto quando «insieme a Giuseppe Aquila, appoggiavamo l’onorevole Matacena per una delle campagne elettorali da questi affrontata». Cellini «era appoggiato dalla famiglia Tegano. Il dottore Cellini era rispettato dalla maggior parte delle famiglie di ‘ndrangheta».

 

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