Mandamento | Anche i lavori a fogne e depuratori nel mirino delle cosche

Artefici e raggiri per consegnare i lavori alle cosche dei Barbaro-Pelle di Platì
di Tiziana Bagnato
7 luglio 2017
16:36

Mira a fare luce anche sui lavori di realizzazione di collettori fognari al servizio dei comuni di Canolo, Agnana Calabra, frazione di Gerace, e del depuratore consortile di Siderno, l’inchiesta ‘Mandamento Jonico”, coordinata dalla procura antimafia di Reggio Calabria guidata da Federico Cafiero De Raho e condotta dal Ros dei carabinieri diretto da Giuseppe Governale e che ha coinvolto più di 291 persone e 23 cosche in 90chilometri di costa.


Con l’accusa di truffa in concorso, aggravata dalle modalità mafiose, sono stati coinvolti l’imprenditore lametino Mario D’Auria, amministratore unico e proprietario del 99 per cento delle quote societarie della D’auria Costruzioni Srl. D’auria, Rocco Perre, socio accomandatario della Calmoter S.a.S. di Perre Rocco & C., Vincenzo Mastroianni socio accomandatario della Edilmadue S.a.s., Rosanna Bova, titolare dell’omonima impresa individuale, Benito Venezia e Paolo Cosenza quali appartenenti al Rtp Hipro – Ingegneri Associati (studio di professionisti cui era stato affidato l’incarico professionale di Direzione Lavori e Coordinatore della Sicurezza in fase d’esecuzione dei lavori).


 

L'Ati avrebbe ottenuto l'appalto partecipando alla gara con oltre il 44,13 per cento di ribasso

D’Auria, Perre, Mastroianni e Bova avrebbero costituito un Ati e partecipato ad un gara di appalto per i lavori di realizzazione di collettori fognari al servizio dei comuni di Canolo, Agnana Calabra, fraz. Di Gerace, per il depuratore consortile di Siderno (delibera del CIPE 35/2005 – Accordo di Programma Quadro “Tutela della Acque e Gestione Integrata delle Risorse Idriche – gara di appalto finanziata dalla Regione Calabria e gestita dal Comune di Canolo), con un ribasso percentuale del 44,138%. Un ribasso importante pensato per – si legge nelle carte dell’indagine - “occultare la partecipazione all’offerta (e quindi all’aggiudicazione dell’appalto) della Calmoter S.a.S. di Perre Rocco & C., già destinataria di interdittiva Antimafia della Prefettura di Reggio Calabria in data 24.06.2008”.

 

Rocco Perre il vero dominus dei lavori 

In particolare, si legge ancora nelle carte dell’inchiesta, D’Auria, Perre, Mastroianni e Bova avrebbero avanzato nel 2010 formale richiesta di subappalto alla Calmoter, per poi ripeterla nel 2011 in merito ad un decimo circa dell’appalto ed ottenerne autorizzazione con riserva. Successivamente sarebbe stato disposto un distacco di personale dall’Auria Costruzioni alla Calmoter per “fornire un’apparente giustificazione alla presenza nei lavori in questione della Calmoter S.a.S. di Perre Rocco & C., già destinataria di interdittiva Antimafia della Prefettura di Reggio Calabria in data 24.06.2008, “formalmente limitandola nei termini di un subcontratto per 144.160,99 euro”, in modo da rimanere nei limiti espressi dalla normativa “ed occultando così il prevalente ruolo sostanziale nell’esecuzione dei lavori della Calmoter e di Perre Rocco – risalente ad epoca antecedente anche al 10.12.2010 e quindi all’inizio dei lavori (ufficialmente consegnati dal RUP in favore dell’ATI in data 14.02.2011) – in realtà debordante i limiti giuridici ed economici di un subappalto, essendo il Perre Rocco il reale dominus dei lavori, occupandosi in via prevalente se non esclusiva dell’esecuzione delle opere, interessandosi delle questioni burocratiche riguardanti i lavori ed i relativi pagamenti, impartendo direttive ai tecnici direttamente impegnati in cantiere stabilendo quanti e quali lavoratori attribuire”.

 

Avrebbero raggirato la normativa antimafia

D’Auria, Perre, Mastroianni, Bova, Venezia e Cosenza -avrebbero anche effettuato nopere che, all’epoca della loro esecuzione, non erano previste nel progetto originario, bensì nella perizia di variante migliorativa non ancora approvata e nell’indurre “in errore la Prefettura di Reggio Calabria, il Comune di Canolo e la Regione Calabria sulla legittimità e regolarità tanto della procedura amministrativa che conduceva all’aggiudicazione dell’appalto, quanto della esecuzione dei lavori, in particolare inducevano in errore sulla reale identità dell’aggiudicatario ed esecutore dei lavori in questione conseguentemente sul rispetto della normativa antimafia”.

 

Le aggravanti

I soggetti si sarebbero procurati un ingiusto profitto a danno “dei Comuni interessati dall’appalto) e per la Regione Calabria con l’aggravante di aver commesso il fatto in danno di ente pubblico, di aver cagionato alla p.o. un danno patrimoniale di rilevante gravità, e di avere commesso il fatto al fine di agevolare la cosca ‘ndranghetistica dei Barbaro-Perre di Platì”.

Tiziana Bagnato



Giornalista
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