Nel cantiere di Trebisacce la vigilanza non serviva, era assicurata di default. Dall’inizio dei lavori non si è mai registrato alcun danneggiamento, era praticamente immune. La ragione l’avrebbe compresa solo dopo però il titolare dell’impresa che aveva ottenuto il subappalto dei lavori per la realizzazione della variante del metanodotto “Pisticci – Sant’Eufemia”, due microtunnel funzionali allo spostamento del metanodotto e rientranti nelle opere del terzo megalotto della statale 106.

Il 3% sull’appalto

Cinque milioni di euro in parte da cedere, nella quota del 3%, alla società da cui aveva ottenuto il subappalto. L’imbasciata gli sarebbe arrivata dal capocantiere, Antonio Salvo, attraverso due suoi dipendenti: le ditte fornitrici imposte perché disponibili a sovrafatturare materiali e servizi.

La gita a Lauropoli

La certezza della richiesta estorsiva sarebbe arrivata però nel settembre del 2022 quando il capo cantiere, senza dare troppe spiegazioni, avrebbe invitato uno dei due dipendenti a seguirlo in auto senza portarsi dietro lo smartphone. Direzione Lauropoli, dove sarebbe avvenuto un incontro con cinque, sei persone che senza tanti giri di parole avrebbero fatto immediatamente comprendere che per non aver problemi nel cantiere avrebbero dovuto versare il 3% del valore dell’appalto attraverso ditte da loro indicate.

Le ditte compiacenti

La Cmi per il calcestruzzo, la Smeda per il trasporto e lo smaltimento dei materiali di risulta e la Calabria Lavori per la fornitura di inerti per i piazzali del cantiere. Si tratta delle tre società sottoposte a sequestro preventivo nell’ambito dell’inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro e messa a segno dalla Dia che ha condotto le investigazioni.

L’inchiesta

In carcere con l’accusa di estorsione aggravata dalle modalità mafiose sono finiti il capocantiere Antonio Salvo, Luigi Falcone, responsabile della Calabria Lavori, Domenico Basile della Cmi Calcestruzzi, Giuseppe D’Alessandro per la Smeda, Gino Cipolla e Leonardo Abbruzzese.

Il rientro da Lauropoli

Al rientro dall’incontro a Lauropoli proprio Antonio Salvo avrebbe chiesto se avesse, quindi, compreso da dove provenisse la richiesta estorsiva invitandolo a cercare su internet chi fossero gli Abbruzzese. Solo dopo aver denunciato l’estorsione, il dipendente avrebbe quindi riconosciuto, in sede di escussione, Gino Cipolla, l’autista che lo avrebbe condotto a Lauropoli e Leonardo Abbruzzese, con cui Antonio Salvo si sarebbe appartato in occasione dell’incontro.

Il metodo della sovrafatturazione

Secondo quanto ricostruito dalla Dia, le modalità per ottenere il prezzo dell’estorsione sarebbe avvenuto attraverso una ripartizione proporzionale delle sovrafatturazioni. Un piano ben congegnato e immediatamente illustrato ai dipendenti della società che aveva ottenuto il subappalto. In particolare, la Smeda avrebbe dovuto sovrafatturare circa 100mila euro, la Cmi altri 30mile e infine Calabria Lavori ulteriori 20mila euro: 150mila in tutto, il 3% del valore dell’appalto.

Fatture gonfiate

Le ultime due ditte avrebbero aumentato il quantitativo del materiale realmente fornito. Con la Smeda, invece, avrebbero dovuto contrattualizzare un importo superiore a quello realmente accordato: dai 40 euro a tonnellate per lo smaltimento ed il trasporto di terra e rocce da scavo si sarebbe passati a 45 euro a tonnellate a cui aggiungere ulteriori 2 euro per maggiori oneri di gestione manifestati in corso d’opera.

Fattore Delta

In conclusione, un prezzo di 47 euro a tonnellata, di molto superiore rispetto ai prezzi di mercato che si aggirano attorno a 30, 32 euro a tonnellata. I dipendenti della ditta che aveva ottenuto il subappalto si erano però premurati di appuntare su un documento una tabella con una colonna denominata “Delta” che indicava nei fatti le cifre versate dalla società a titolo estorsivo per ogni fattura emessa. È da qui che prende il nome l’inchiesta, denominata appunto “Fattore Delta”, scaturita dalla denuncia dell’imprenditore, grazie alle testimonianze fornite dai suoi due dipendenti.

Il gip: indagati inseriti nelle dinamiche criminali dell’area

Secondo il gip che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare non si sono dubbi sull’inserimento degli indagati nelle dinamiche dei clan mafiosi dell’area. Un contesto descritto come pervaso da logiche malavitose: per il magistrato che ha valutato l’inchiesta della Dda di Catanzaro il territorio in cui sono in corso i lavori della nuova statale 106 è sotto il giogo delle cosche. Anche per questo nei confronti delle persone coinvolte nell’indagine viene disposta la custodia cautelare in carcere.