È quanto emerge dalle intercettazioni a cui erano stati sottoposti gli indagati finiti nell’inchiesta arrestate questa mattina in Lombardia
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«L’ho presa e l'ho messa sul tavolo (l’arma, ndr) ... gli ho detto ... vedi che ti ammazzo ... come ai cani ti ammazzo ... e me ne sono andato».
Così si esprimeva, intercettato, Rocco Barbaro, 30 anni, arrestati assieme al padre Antonio, 53 anni, nell'inchiesta della Gfd di Pavia e del pm della Dda di Milano Gianluca Prisco, che oggi ha portato anche ad altre 11 misure cautelari e con al centro le storiche famiglie di 'ndrangheta di Platì e radicatesi nel Nord Italia, in particolare nei territori a cavallo tra le province di Pavia, Milano, Monza e Brianza e nel Torinese.
Le accuse vanno dall'associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti alla detenzione e porto di armi fino ad una serie di episodi di estorsione con l'aggravante del metodo mafioso. E in questo quadro si inseriscono le intercettazioni, con frasi intimidatorie, contenute nell'ordinanza di oltre 100 pagine firmata dal gip Raffaella Mascarino.
Il 12 dicembre 2019, si legge, Rocco Barbaro si recò a casa di un persona per riscuotere «un credito» da 20mila euro su una partita di droga e «iniziava a suonare il clacson e chiamarlo a gran voce» e, dato che il debitore non scendeva perché «intimorito», con uno «stratagemma riusciva ad entrare nell'abitazione e lo minacciava e dopo aver poggiato la pistola sul tavolo, dicendo “vedi non voglio arrivare a questo…ma tu mi stai portando a queste conseguenze… tu non devi rompere le scatole … vedi che ti ammazzo, come ai cani ti ammazzo”».
Nonostante la sua «formale incensuratezza», scrive il gip sulla posizione di Rocco Barbaro, «la pericolosità dell'indagato è emersa chiaramente nell'analisi della presente indagine» come «costante coadiutore del padre Antonio nella gestione del narcotraffico e nelle attività criminali ad esso strumentali (armi ed estorsioni)».