Ci sono fidanzamenti che non si devono fare, per utilizzare un’espressione manzoniana, e altri che, invece, si devono fare. A costo anche di andare contro la volontà di un’adolescente, che di sposare un ragazzo più grande non ne ha alcuna voglia.
E’ quanto emergerebbe dalle carte dell’operazione Acero Krupy che ha coinvolto nei giorni scorsi
50 persone con l’accusa di associazione mafiosa, detenzione di armi, traffico di stupefacenti, ricettazione e intestazione fittizia di beni.
Grazie alle microspie della Procura della Repubblica sono emerse così le pressioni di un boss del reggino deciso a fare fidanzare la figlia minorenne con un giovane del clan rivale, più grande di ben otto anni, per intessere e cucire nuove alleanze.
E con lui sarebbero stati anche la moglie e la zia della ragazzina che, invece, a quanto pare, non aveva nessuna intenzione di sposare il rampollo, infatuata di un giovane della sua età.
«Il fidanzamento in argomento - si legge nel fascicolo dell’inchiesta - aveva lo scopo di legare in maniera forte le famiglie aumentando così anche numericamente il valore della consorteria mafiosa ed avere più potere nel competente locale e di conseguenza nella ‘ndrangheta». Ecco perché tanti ed insistenti sarebbero stati i modi per cercare di esercitare pressione psicologica sulla ragazzina, fino ad ottenere il suo placet.