Sono state acquisite dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia nel maxiprocesso Rinascita Scott, le dichiarazioni della testimone di giustizia Elisabetta Melana, 52 anni, convivente da anni con il 57enne Ambrogio Accorinti (in foto), ritenuto esponente di spicco dell’omonimo clan di Zungri insieme al fratello Pietro ed al cui vertice viene collocato il boss Giuseppe Accorinti. I tre fratelli Accorinti sono tutti imputati nel maxiprocesso. L’accordo delle parti – accusa e difesa – ha permesso l’acquisizione da parte del Tribunale delle dichiarazioni rese dalla testimone di giustizia alla Procura nella fase delle indagini, senza così la necessità stamane di ascoltarla in aula o in videoconferenza.

Il clan di Zungri, la denuncia di Melana

Era il 24 giugno del 2018 quando la donna, in preda alla disperazione e piena di lividi, si rivolgeva alla Stazione dei carabinieri di Zungri denunciando per maltrattamenti il compagno Ambrogio Accorinti e chiedendo al contempo protezione per sé e per l’ultima figlia ancora minorenne. «Mi ammazza quel bastardo, vuole che vada con lui in campagna che mi deve picchiare, sono viva solo perché c’è ora mia mamma con lui, aiutatemi, aiutatemi». Queste le prime parole della donna ai carabinieri che erano andate ad aprire sul retro sentendo sbattere i pugni sul portone del garage della caserma. Elisabetta Melana, da quel momento, ha deciso di intraprendere un percorso di collaborazione, in qualità di testimone di giustizia, riferendo quanto di sua conoscenza in ordine ai componenti della famiglia Accorinti di Zungri.

Nel mentre si trovava in caserma, a fare irruzione nei locali era stato prima uno dei figli della donna – intenzionato a riportare la madre a casa con la forza e venendo denunciato dai militari dell’Arma – e poi in serata anche lo stesso Ambrogio Accorinti, più furente che mai contro la donna ed i militari dell’Arma.

 

“La donna è stata in grado di offrire un quadro indiziario gravissimo a carico di tutti gli esponenti della consorteria perché, pur senza offrire definizioni tecniche, ha in concreto descritto cosa facessero gli Accorinti, i loro ruoli interni, affermando senza esitazione che tutti a Zungri avevano paura di loro e, con riferimento ad Ambrogio, che lo stesso era fortemente temuto”. Queste le parole del gip distrettuale contenute nell’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione Rinascita Scott.

La droga a Zungri

«Dichiaro – ha fatto mettere a verbale la donna – che il gruppo a cui faccio rifermento è composto dai fratelli Giuseppe, Pietro e Ambrogio Accorinti. So che il gruppo è composto da altre persone in quanto, quando Giuseppe Accorinti abitava sotto di me, c’erano tante persone che venivano a trovarlo, anche dai paesi vicini a Zungri. Il mio convivente Accorinti Ambrogio so che appartiene al gruppo del fratello Giuseppe. Ho vissuto per 27 anni al fianco di Ambrogio Accorinti e della sua famiglia ed ho visto e vissuto tante situazioni. Posso riferire del fatto che Ambrogio ed i suoi fratelli, Giuseppe e Pietro, sono soliti coltivare delle piantagioni di droga del tipo marijuana. In alcune circostanze lui ed i fratelli sono stati arrestati all’interno di tali piantagioni, altre volte invece, in passato, li ho visti io personalmente coltivarle. Negli ultimi anni invece, pur non avendoli visti direttamente, ritengo che stiano continuando con le predette coltivazioni sia per gli orari che mantiene il mio ex convivente Ambrogio, sia perché ho avuto modo di notate che lo stesso rientrava a casa con le dita sporche di una sostanza di colore verde».

Zungri, il ritrovamento di armi

La donna è stata in grado di far ritrovare ai carabinieri diverse armi da fuoco. «So che Ambrogio ed i suoi fratelli hanno disponibilità di armi perché in diverse circostanze Ambrogio mi ha riferito di avere un fucile al pagliaio e poi perché nel 1997 ho saputo da mia cognata che la sorella di Ambrogio, in un periodo in cui lo stesso era detenuto nel carcere di Vibo Valentia, ha dovuto spostare delle armi dal nostro pagliaio di località Pellegrino di Zungri per paura che le stesse venissero ritrovate dalle forze dell’ordine. Inoltre, di recente, ho avuto modo di notare che la maglia interna di Ambrogio Accorinti, presentava delle macchie di grasso nella parte inferiore a contatto con la cintura dei pantaloni, chiaro ed evidente segno che aveva tenuto indosso una pistola. Posso riferire anche che Ambrogio Accorinti era solito possedere nel capannone degli animali diverse bombolette spray contenente liquido per lubrificare le armi». 

Il clima di paura a Zungri

«Tutti hanno paura di Ambrogio e dei suoi fratelli – ha spiegato Elisabetta Melana – perché se la gente non fa quello che dicono loro, poi gli incendiano i pagliai o gli causano altri danneggiamenti. Ricordo che se la sono presa anche con il loro cugino Gaudioso Giuseppe, detto Pino, perché facendo di mestiere il carrozziere riparava anche i mezzi dei carabinieri. In particolare posso riferire che Ambrogio Accorinti ha lasciato davanti al cancello di ingresso dell’officina di Gaudioso un sacco dell’immondizia in maniera tale da fargli capire che lui (Gaudioso Giuseppe) è spazzatura».

Un clima di sopraffazione spiegato ancor più dettagliatamente da Elisabetta Melana. «È stato proprio Ambrogio Accorinti a recarsi dalla madre di Gaudioso, che era mia zia, a dirle che era stato messo un sacchetto dell’immondizia nei pressi della sua carrozzeria appesa al cancello d’ingresso e ridendo dell’accaduto. Io questo l’ho appreso direttamente dalla zia dalla quale ho saputo anche che Gaudioso è stato pure malmenato da Pietro Accorinti, scena alla quale la stessa ha assistito, graffiandosi la faccia per la disperazione».

Nel gruppo degli Accorinti, la donna ha collocato anche Antonino Barbieri, 61 anni, di Pannaconi di Cessaniti in foto, detto “Carnera”, cognato degli Accorinti (in quanto sposato con la sorella Domenica Accorinti) e padre di Francesco Barbieri, il ventenne arrestato nei giorni scorsi per la sparatoria a Vibo Valentia contro il 32enne Domenico Catania (quest’ultimo imputato in Rinascita Scott). Antonino Barbieri è accusato del reato di associazione mafiosa e viene ritenuto dagli inquirenti “uno dei personaggi più importanti del sodalizio mafioso che controlla il territorio di Cessaniti”.

«Ho assistito a molti incontri, tra gli amici di Peppe in particolare. Io cucinavo – ha spiegato la Melana – ma poi ero costretta a salire sopra in camera da letto senza televisione e stare chiusa in stanza. Non sentivo nulla, so solamente che si incontravano, mangiavano e trovavano riparo in questa casa. Negli anni recenti sono venuta a conoscenza di alcuni soggetti che molto spesso venivano a trovare Peppe a casa sua quando era agli arresti domiciliari e, in particolare, vedevo quasi sempre Gregorio “U Lollu», identificato in Gregorio Niglia di Briatico, altro imputato di Rinascita Scott.

Elisabetta Melana ha infine raccontato che erano numerose le persone che si recavano nell’abitazione degli Accorinti e spesso Giuseppe Accorinti “era solito ricevere dei regali da diversi soggetti anche provenienti dalla Sicilia”. Tante le persone che si recavano dagli Accorinti al fine di chiedere la restituzione di refurtiva, sostituendosi di fatto alle istituzioni preposte a tale compito, in quanto, a detta della testimone di giustizia: «Giuseppe Accorinti a Zungri è considerato come un Dio».

Un “Dio” in galera dal 19 dicembre 2019 e che rischia di restarci molto, ma molto a lungo.