Il procuratore Giovanni Bombardieri e il sostituto Sara Amerio hanno chiesto il rinvio a giudizio. L'imputato avrebbe autorizzato il ritorno dalla località protetta alla città dello Stretto del pentito Morabito
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Il procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e il sostituto della Dda Sara Amerio hanno chiesto il rinvio a giudizio per il presunto boss di Santa Caterina Carmelo Murina quale concorrente morale di un'associazione a delinquere «finalizzata - è scritto nel capo di imputazione - alla commissione di rapine, furti in abitazione ed in esercizi commerciali» reati aggravati dall'agevolazione della 'ndrangheta.
«Capo della cosca Franco-Murina, federata alla più potente cosca dei Tegano-De Stefano di Archi», l'imputato Carmelo Murina avrebbe autorizzato il ritorno dalla località protetta a Reggio Calabria del pentito Giuseppe Morabito «in cambio della ritrattazione di tutte le dichiarazioni da lui rese durante la sua collaborazione con la giustizia». In particolare, secondo alla ricostruzione del pm, il pentito conosciuto con il soprannome di "Pino capraro" avrebbe dovuto rimangiarsi le accuse «nei confronti di Donatello Canzonieri, divenuto nel frattempo braccio destro di Murina».
Attualmente detenuto nel carcere di Bari, stando alle indagini, Murina ha autorizzato la costituzione di un gruppo di rapinatori e topi d'appartamento. Un sodalizio che, tra il 2005 e il 2015, sarebbe stato capeggiato proprio dal collaboratore di giustizia Giuseppe Morabito. Anche per lui il pm Amerio ha chiesto il processo così come per Giovanni Morabito detto "Ivan", Salvatore Sinicropi, Roberto Veltri e Pina Franco. Quest'ultima, moglie di Murina e figlia del boss Michele Franco, sarebbe stata la "postina" che avrebbe prima veicolato un messaggio dello zio Roberto Franco all'interno del carcere, dove era detenuto il marito, e poi la risposta di Carmelo Murina affidata a un "pizzino" con il quale il boss ha risolto le frizioni tra i rapinatori e gli uomini del clan.