Nell'ambito del maxi blitz contro la 'ndrangheta scattato stamane tra Calabria, Lombardia e Toscana, figurano anche tredici misure di custodia cautelare in carcere e un obbligo di dimora nel Comune di Livorno eseguiti dalle squadre mobili di Firenze e Livorno con il coordinamento della Dda del capoluogo toscano. Un'operazione che ha sgominato un'organizzazione criminale finalizzata al traffico di cocaina proveniente dal Sudamerica e legata a due cosche di 'ndrangheta.

Tra i destinatari delle misure, è stato riferito in una conferenza stampa alla procura di Firenze, anche alcuni soggetti che lavoravano nel porto di Livorno dove nel corso delle indagini sono stati sequestrati diverse centinaia di chili di cocaina. Destinatari degli arresti anche soggetti ritenuti espressione di due cosche calabresi, un presunto broker che faceva da raccordo tra gli esponenti delle 'ndrine e altri complici in ambito nazionale e internazionale, più un dipendente dell'amministrazione civile del ministero dell'Interno che avrebbe falsificato passaporti per alcuni latitanti.

«In Calabria ti avremmo sciolto nell'acido»

Tra gli arrestati tre portuali di Livorno che avrebbero avuto proprio il compito di facilitare l'accesso dei criminali calabresi al porto toscano, sia per verificare l'arrivo dei carichi di cocaina sia per portare i carichi fuori dallo scalo. Inoltre un altro livornese, che invece il gip ha sottoposto a obbligo di dimora, avrebbe avuto il compito logistico di fornire appartamenti per le necessità di soggiorno degli 'ndranghetisti in trasferta a Livorno quando dovevano sovrintendere ai trasporti di cocaina. Gli stessi portuali temevano fortemente la 'ndrangheta. In un'intercettazione uno dei portuali riferisce il contenuto di una minaccia ricevuta: «Se fossimo stati in Calabria ti avremmo sciolto nell’acido».

Il traffico di droga reindirizzato da Gioia Tauro a Livorno

Le indagini sono partite nei primi mesi del 2019, quando è stata segnalata la presenza a Livorno di presunti esponenti di vertice delle 'ndrine calabresi. Secondo quanto spiegato dalla polizia, alcuni precedenti sequestri di coca fatti nel porto di Gioia Tauro avevano indotto alcune cosche, in particolare la cosca Molè, a reindirizzare il traffico di stupefacenti verso i porti di Livorno e Vado Ligure (Savona). L'organizzazione criminale, specializzata nell'importazione di cocaina, poteva contare anche su aderenti stanziati in Olanda e in Sud America. Nel marzo del 2019 le indagini scoprirono un fallito tentativo di recupero di droga, che non era arrivata a destinazione, da un container contenente crostacei. Il 7 novembre 2019 gli investigatori hanno sequestrato nel porto di Livorno 266 panetti di cocaina, per un valore di 15 milioni di euro, contrassegnati col marchio H, in un container di legname. Il giorno dopo sempre nel porto sono stati sequestrati altri 164 panetti per in totale di 430 chili di cocaina. Nel gennaio del 2020 altri 22 chili di cocaina, prelevati da un presunto broker, sono stati sequestrati al porto di Vado Ligure.

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