Estorsioni e usura, condannato a 21 anni il figlio del boss Mancuso

Domenico Mancuso, esponente di uno dei clan più potenti della Calabria, condannato per 23 capi d’imputazione a distanza di 16 anni dall’operazione Dinasty

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di G. B.
12 novembre 2019
11:43
Tribunale
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Ventuno anni e sei mesi di reclusione sono stati inflitti dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia a Domenico Mancuso, 44 anni, di Limbadi, ritenuto colpevole di 23 capi d’imputazione che andavano dall’associazione mafiosa all’estorsione, sino alla detenzione illegale di armi, all’usura ed al favoreggiamento, tutti reati aggravati dalle finalità e modalità mafiose. La sentenza arriva a 16 anni di distanza dall’operazione “Dinasty-Affari di famiglia” che nell’ottobre del 2003 ha duramente colpito il clan Mancuso di Limbadi, fra i più potenti dell’intera ‘ndrangheta calabrese.


La posizione di Domenico Mancuso era stata stralciata da quella degli altri imputati – già condannati da tempo con sentenza definitiva – poiché alcune perizie davano l’imputato incapace di intendere e volere e quindi non processabile. L’ultima perizia disposta dal Tribunale ha però accertato la capacità processuale dell’imputato che è stato così condannato a 21 anni e 6 mesi di carcere. Domenico Mancuso è figlio del boss della ‘ndragheta Giuseppe Mancuso (cl. ’49) che sta scontando 30 anni di reclusione per diversi fatti di sangue avvenuti a metà anni ’90 in provincia di Reggio Calabria e di cui è stato ritenuto uno dei mandanti.

Giornalista
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