Il gup di Reggio Calabria ha concesso gli arresti domiciliari a Domenico Grasso. Il 65enne, considerato elemento di vertice dell'omonimo clan di Rosarno, era in carcere dal luglio 2018, quando i carabinieri eseguirono l’operazione Ares contro le cosche Cacciola e Grasso del popoloso centro della piana di Gioia Tauro. Il giudice per l’udienza preliminare ha accolto la richiesta di scarcerazione avanzata dagli avvocati Guido Contestabile, Vincenzo Galeota e Francesco Giovinazzo per questioni di salute.

Grasso è stato già condannato a 20 anni di carcere in primo grado. Condanna inflitta dal gup distrettuale il 27 ottobre dello scorso anno nella sentenza del processo celebrato con il rito abbreviato. È accusato di associazione mafiosa, traffico di droga e una serie di altri reati per i quali risponde da capo promotore dell’omonima famiglia di ‘ndrangheta rosarnese. Nei mesi scorsi Domenico Grasso era stato più volte ricoverato in ospedale. Le sue condizioni di salute non sono risultate compatibili con il regime carcerario, per questo motivo il giudice reggino ha deciso di concedergli gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico.

L’inchiesta Ares ha monitorato le dinamiche criminali dei due gruppi, vicini alle ‘ndrine Pesce e Bellocco, egemoni a Rosarno ed in tutta la Piana. Il vuoto di potere, creatosi a causa dei numerosi arresti che hanno coinvolto le due ‘ndrine, ha generato i contrasti tra i Cacciola e i Grasso. Contrasti nati per la detenzione del potere mafioso e per la gestione dello spaccio e del traffico di droga. Il 16 settembre dello scorso anno poi, stando all’inchiesta dell’antimafia, un commando capeggiato da Gregorio Cacciola, classe 1980, figlio di Domenico Cacciola (morto presumibilmente con il metodo della “lupara bianca”), avrebbe tentato di sequestrare, per uccidere, in pieno giorno ed in pieno centro a Rosarno, Salvatore Consiglio. Quest’ultimo, considerato dagli investigatori uno degli emergenti della ‘ndrina Grasso è riuscito a sfuggire all’agguato.