Giuseppe Sposato è considerato dagli inquirenti intraneo al gruppo mafioso Sposato-Tallarida operante in provincia di Reggio Calabria. L'egemonia mafiosa della famiglia si era espressa con la gestione del cimitero Iatrinoli
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Sequestro beni per un imprenditore reggino. In particolare, i militari del Comando provinciale della Guardia di finanza di Reggio Calabria e del Servizio Centrale Ico, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica - Direzione Distrettuale Antimafia, diretta dal procuratore Giovanni Bombardieri, hanno eseguito un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria - presieduta da Ornella Pastore - su richiesta del procuratore aggiunto Calogero Gaetano Paci e del sostituto procuratore Giulia Pantano, che dispone l’applicazione della misura di prevenzione patrimoniale del sequestro su beni immobili e rapporti finanziari, per un valore complessivo stimato in 1,5 milioni di euro, nei confronti di Giuseppe Sposato, 55 anni, imprenditore edile indiziato di intraneità al gruppo mafioso “Sposato-Tallarida”, operante in Taurianova (Reggio Calabria) e zone limitrofe.
L'operazione Terramara closed
La figura di Sposato era emersa nell’ambito dell’operazione “Terramara Closed” condotta dalla Squadra Mobile della Questura di Reggio Calabria, dal Reparto operativo dell’Arma dei Carabinieri e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria - coordinati dalla citata Direzione distrettuale antimafia - conclusa, nel mese di dicembre 2017, con l’esecuzione di provvedimenti:
- restrittivi personali nei confronti di 47 soggetti - tra cui Giuseppe Sposato, per i reati – tra l’altro - di associazione per delinquere di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione, aggravati dal metodo mafioso, poiché ritenuti intranei alla cosca di ‘ndrangheta “Avignone - Zagari - Fazzalari - Viola” attiva nel mandamento tirrenico della provincia reggina;
- cautelari reali su un patrimonio costituito dai compendi aziendali di imprese/società, beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie per un valore stimato complessivamente in euro 25 milioni.
In particolare, all’imprenditore è stato contestato di aver fatto parte dell'associazione mafiosa denominata 'ndrangheta e, in particolare, dell'articolazione degli Avignone-Zagari-Fazzalari-Viola, alla quale appartiene il gruppo mafioso Sposato-Tallarida operante in Tarianuova (RC) e zone limitrofe, al cui interno il medesimo ha assunto «compiti di decisione, pianificazione delle associazioni criminali da compiere e degli obiettivi da perseguire con riferimento all'intera organizzazione criminale, nel settore delle estorsioni, delle intestazioni fittizie di beni, nonché per l'aggiudicazione degli appalti pubblici e privati».
L'egemonia imprenditoriale mafiosa degli Sposato
L’egemonia imprenditoriale "mafiosa" degli Sposato si era espressa nel progetto di gestione del cimitero di “Iatrinoli”, affidato agli stessi dall’amministrazione comunale pro tempore – in assenza di gara ad evidenza pubblica – poi revocato dalla nuova Giunta, nonché dal “controllo del territorio” esplicato attraverso l’imposizione delle imprese riconducibili alla famiglia – con intimidazioni, assoggettamento e omertà - quali uniche fornitrici di materiale per lavori edili nell’ambito territoriale di competenza.
Alla luce di tali risultanze, la locale Dda, delegava ai citati Reparti, apposita indagine, a carattere economico/patrimoniale, volta all’individuazione dei beni mobili ed immobili riconducibili al predetto Giuseppe Sposato ed al suo nucleo familiare, finalizzata all’applicazione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale.
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Il patrimonio accumulato
In tale contesto, il Gico - valorizzando le funzioni proprie della Guardia di finanza nella prevenzione e contrasto ad ogni forma di infiltrazione della criminalità nel tessuto economico del Paese e di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati – ha ricostruito, attraverso articolati approfondimenti sulle transazioni economico finanziarie e patrimoniali effettuate negli ultimi 20 anni, il patrimonio complessivamente accumulato dal nucleo familiare dell’uomo.
Gli accertamenti eseguiti hanno evidenziato una significativa, ingiustificata differenza tra il reddito dichiarato ai fini delle imposte sui redditi e il patrimonio posseduto, anche per interposta persona, ma soprattutto, la natura mafiosa dell’attività d’impresa svolta - nel tempo - dal proposto, quale imprenditore espressione della cosca di riferimento.
Il sequestro beni
L’affermazione e la crescita degli illeciti progetti imprenditoriali di Giuseppe Sposato, sono risultati essere stati sostenuti dal legame del predetto con la ‘ndrangheta e dal supporto “qualificato” del fratello Carmelo Sposato cl. ‘74 quest’ultimo parimenti raggiunto da ordinanza cautelare nel procedimento “Terramara Closed” , nonché destinatario di misura di prevenzione patrimoniale, disposta – a seguito di specifici accertamenti svolti dal Gico - dal Tribunale di Reggio Calabria - Sezione Misure di Prevenzione - ed eseguita nel 2019 su un patrimonio - costituito da imprese, fabbricati, terreni e disponibilità finanziarie – stimato in circa 14 milioni di euro.
Alla luce delle indagini, disposto il sequestro dell’intero patrimonio riconducibile a Giuseppe Sposato e al suo nucleo familiare, costituito da fabbricati ubicati in Terranova Sappo Minulio (Reggio Calabria), Taurianova (Reggio Calabria) e nella provincia di Pesaro, nonché disponibilità finanziarie per un valore stimato in circa 1.500.000,00 euro.