Lo scrive il Riesame di Catanzaro partendo dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia di Cosenza che avrebbero storicizzato sul territorio la presenza dell'organizzazione
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L'inchiesta della Dda di Catanzaro, denominata "Affari di Famiglia", è stata quasi totalmente confermata in punto di gravità indiziaria dalla Cassazione. La Suprema Corte infatti ha condiviso le motivazioni del Riesame di Catanzaro riguardo alla presunta cosca di 'ndrangheta operante tra San Lucido e Paola. Parliamo del gruppo "Calabria-Tundis".
L'operatività della presunta cosca
Valutando uno dei ricorsi presentati a suo tempo al Tdl, i giudici cautelari sono partiti dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia di Cosenza che avrebbero storicizzato la presenza «sul territorio della predetta organizzazione mafiosa». In particolare, «l'esistenza e operatività della cosca sul territorio di San Lucido e zone limitrofe è affermata», secondo quanto scrive il Riesame di Catanzaro, «in primis da Adolfo Foggetti».
Adolfo Foggetti sul gruppo Calabria
Il "Biondo", si legge nel provvedimento, «ha collocato temporalmente l'esistenza del gruppo Calabria già a partire dall'anno 2010», avendo ricevuto, secondo il pentito di Cosenza, «la legittimazione 'ndranghetistica del gruppo da Francesco Patitucci, reggente dell'omonima consorteria operante a Cosenza». «A Paola c'ero io e a San Lucido c'erano i Calabria, perché i Calabria ce li ha messi Francesco Patitucci», aveva detto Foggetti nel processo "Frontiera", al pm d'udienza, Vincenzo Luberto, all'epoca procuratore aggiunto della Dda di Catanzaro.
«Foggetti - scrive il Riesame - ha descritto anche alcuni campi di elezione del sodalizio, soffermandosi sulla dedizione degli odierni indagati al traffico di stupefacenti, importati da Cosenza attraverso il canale gestito da Roberto Porcaro», aggiungendo che «sul tema del narcotraffico il collaboratore precisa inoltre che il gruppo dei Calabria sopperiva alla momentanea carenza di droga attraverso l'organizzazione di Foggetti». Adolfo, pentitosi nel dicembre del 2014, il 13 gennaio 2015 aveva dichiarato che «i Calabria» sarebbero stati sotto Porcaro, «anche se a volte» i Calabria avrebbero preso la droga «da Rosarno, quando a volte Cosenza non l'aveva».
Nel 2016, sempre Adolfo Foggetti aveva riferito che «i Calabria erano legati ai referenti Patitucci e Porcaro da un altro vincolo negoziale, che consisteva nell'impiegare i capitali dei cosentini per concedere prestiti e usura, con i cui proventi i sanlucidani finanziavano le proprie attività illecite, in primo luogo lo spaccio». Il "Biondo", inoltre, aveva perimetrato «l'ambito geografico di operatività dell'associazione tra Paola e Longobardi, quindi l'ha circoscritto ai comuni di San Lucido e Falconara Albanese».
Le dichiarazioni di Luciano Impieri
Un altro collaboratore di giustizia che ha reso dichiarazioni sul gruppo Calabria è stato Luciano Impieri, il quale, evidenzia il Riesame, «conferma la versione già resa da Foggetti sulla presenza a San Lucido di una 'ndrina governata dai Calabria, formatasi con il placet dei maggiorenti dell'associazione mafiosa italiani-zingari di Cosenza». Nel 2018, quello che in ambiti criminali veniva definito un tempo come il "piccolo Patitucci", aveva detto che «a San Lucido comandano i Calabria, che sono stati messi come reggenti su quel territorio da Roberto Porcaro e Francesco Patitucci».
Sul punto erano intervenuti pure Daniele Lamanna e Giuseppe Montemurro. Se l'esecutore materiale dell'omicidio di Luca Bruni, aveva affermato che «i Calabria amministrano 'ndranghetisticamente i comuni di San Lucido, Torremezzo, Fiumefreddo sino a Longobardi», l'ex bodyguard aveva illustrato i rapporti intercorsi tra Pietro Calabria e Maurizio Rango. «Rango mi diceva che oltre ai fratelli Pietro e Pino, era attivo dal punto di vista criminale», un altro parente dei Calabria «e tale Gianluca Arlia» ed è sempre Rango che avrebbe detto a Montemurro che «i gestori dei lidi pagavano il pizzo ai Calabria e non ci avrebbero mai consentito di assicurare il servizio di buttafuori senza il consenso degli stessi Calabria».
"Affari di Famiglia", le valutazioni del Riesame
Il Tdl, dopo aver passato in rassegna tali elementi indiziari, ha sostenuto che «le dichiarazioni convergono sotto molteplici aspetti a cominciare dalla legittimazione 'ndranghetistica dei fratelli Calabria fino alle aree territoriali nelle quali essi esercitano la propria influenza nel rispetto di equilibri criminali consolidati». E ancora: «Quanto riferito dai collaboratori di giustizia, non rimane un dato isolato ma trova numerosi riscontri esterni che attestano l'inserimento del gruppo "Calabria-Tundis" in un contesto criminale più ampio e compiutamente ricostruito nella richiesta cautelare».
Pertanto, «le fonti di prova compendiate confermano le relazioni dei Calabria-Tundis con il gruppo di Roberto Porcaro, in linea con quanto riferito dai collaboratori», e «attestano i legami anche con il gruppo di Salvatore Caruso che risulta attivo nel settore del narcotraffico». Dalle indagini, infine, sarebbe emersa anche una «forte capacità diplomatica dei maggiorenti della consorteria» e le relazioni "esterne", che avrebbero svelato i contatti «con figure legate ad ambienti criminali, come quella del latitante Strangio».