«Un agente che mi interrogava mi ha detto che quello nella foto era il capitano della barca e di firmare accanto all'immagine. Ed io l'ho fatto». Lo ha detto Faizi Hasib, uno dei superstiti del naufragio del barcone carico di migranti a Cutro del 26 febbraio dello scorso anno, nel corso del processo a Crotone ai tre scafisti, Sami Fuat, di 50 anni, turco, e Khalid Arslan e Ishaq Hassnan, di 25 e 22 anni, pakistani, imputati di naufragio colposo, favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e morte in conseguenza di altro reato.

Le dichiarazioni del superstite potrebbero mettere in dubbio il riconoscimento da parte dei testimoni delle persone accusate di essere stati gli scafisti del naufragio. Una situazione che ha indotto sia il presidente del Tribunale, Edoardo D'Ambrosio, che il pubblico ministero, Pasquale Festa, a chiedere più volte al testimone di spiegare meglio le sue affermazioni. Hasib ha ribadito che la foto di Sami Fuat come «capitano della nave» gli era stata indicata dal poliziotto che lo stava interrogando: «Mi ha detto di firmare accanto alla foto di Suat, aggiungendo, comunque, che non ero obbligato a farlo».

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È da verificare, comunque, anche l'autenticità della traduzione delle dichiarazioni di Hasib, che, in più di un'occasione, è stata contestata da uno degli imputati, Khalid Arslan, che in carcere ha imparato anche l'italiano, soprattutto riguardo l'accusa mossa ai due pakistani di avere coadiuvato i timonieri dell'imbarcazione. L'udienza, svoltasi in videocollegamento con Amburgo, dove si trovano i superstiti del naufragio che hanno testimoniato, è stata caratterizzata anche da uno scontro tra i difensori degli imputati e la pubblica accusa sull'utilizzo delle foto mostrate ai testimoni per il riconoscimento. Gli avvocati Salvatore Perri e Teresa Paladini, infatti, hanno eccepito l'inutilizzabilità delle immagini. Eccezione che è stata però rigettata dal collegio giudicante. Il presidente del Tribunale ha anche proposto un «riconoscimento informale», facendo inquadrare dalle telecamere gli imputati, che però si sono opposti.