Dichiarato inammissibile dalla Cassazione il ricorso di Carmelo Papalia, 75 anni, originario di Oppido Mamertina ma residente a Parghelia condannato lo scorso anno dalla Corte d’Appello di Catanzaro per narcotraffico al termine del processo nato dall’operazione denominata “Costa dei Monaci” scattata il 3 maggio del 2005 con 119 arresti fra Calabria e Lombardia.

 

Il blitz aveva coinvolto 14 province, mentre l’indagine portata avanti dai carabinieri era stata coordinata dalla Dda di Milano. Gli inquirenti, attraverso meticolose indagini, sono riusciti a localizzare nel residence “Costa dei Monaci” di Parghelia, di proprietà di Carmelo Papalia, il luogo in cui si sarebbero svolti i summit per pianificare strategie e accordi di un lucroso traffico di cocaina.

 

Per competenza territoriale il fascicolo su Carmelo Papalia era poi approdato alla Procura di Vibo Valentia che nel 2011 ha ottenuto dal locale Tribunale la condanna dell’imputato ad 8 anni. Pena poi ridotta in appello per la sola concessione delle attenuanti generiche e confermata per quanto riguarda l’impianto accusatorio. Carmelo Papalia – cognato dei fratelli Saverio e Antonino Mammoliti, ai vertici dell’omonima potente cosca di Castellace di Oppido Mamertina e dalla fine degli anni ’90 “dissociati” dalla ‘ndrangheta – avrebbe intrattenuto rapporti illeciti, finalizzati alla cessione di consistenti quantitativi di cocaina, con Francesco Prestia, nipote del boss Franco Coco Trovato, quest’ultimo originario di Marcedusa (Cz) e divenuto l’indiscusso “capo società” della ‘ndrangheta in provincia di Lecco, legato a sua volta ai De Stefano di Reggio Calabria. Ad avviso degli inquirenti, a rifornire di cocaina il “cartello” facente capo ai Coco Trovato sarebbero stati appartenenti alla cosca Mammoliti-Rugolo di Castellace di Oppido Mamertina attraverso la mediazione dei fratelli Carmelo e Girolamo Papalia che avrebbero ceduto la sostanza stupefacente al prezzo di 50 milioni di lire al chilo.

 

La Cassazione nel respingere il ricorso di Carmelo Papalia ha confermato la sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro emessa il 13 aprile dello scorso anno.