Sarebbe stato Matteo Messina Denaro a dirigere il patto criminale tra le famiglie di mafia reggine e quella siciliana che ha portato all’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, ucciso in un agguato il 9 agosto 1991. Lo si apprende da un’inchiesta aperta nel 2019 dalla Dda di Reggio Calabria che mirava a far luce sull’agguato che però dopo quasi 4 anni non ha fatto nessun scatto in avanti.

A seguito della notizia dell’arresto, questa mattina, del superboss di Cosa Nostra, la figlia del giudice, Rosanna Scopelliti, ha pubblicato un lungo post su Facebook in cui descrive il suo stato d’animo: «Non provo niente. Sarò impopolare, forse cinica. Sicuramente esausta. Quello là, il mafioso, finalmente si troverà esattamente dove deve essere. Dove sconterà la sua pena. Dove è giusto che sia»

«Si porterà dietro i suoi segreti – si legge ancora nel post – i volti dei morti (quelli che ha guardato in faccia, quelli che ha colpito alle spalle), i lamenti, le preghiere. Si porterà dietro le lacrime dei vivi, dei parenti delle sue vittime, quelle stesse lacrime con cui cerchiamo ogni giorno di colmare il vuoto di chi è stato strappato alla vita dalla tracotanza prepotente del mafioso in questione.

Continuerà a convivere con una coscienza muta, a cui chiedere redenzione sembra quasi un ossimoro. Continuerà a tacere. Peccato, perché mi piacerebbe ascoltare le sue parole su mio padre. Mi piacerebbe sapere se è vero che era accanto a chi lo ha ucciso, se ne ha visto il volto prima di privarmi per sempre del suo sorriso. Mi piacerebbe sapere se c’era, se ha deciso, se ha ascoltato. Quante domande.

Si porterà dentro la soddisfazione di essere sfuggito per anni allo Stato, l’amarezza di aver perso la sua guerra. E in quegli occhi senza anima si vede solo un vecchio criminale esaltato per anni come il “super latitante” mandante ed esecutore di centinaia di delitti, trascinato alla fine in manette dai carabinieri. Non fa paura, il mafioso, quasi pena, forse, ai più misericordiosi, a chi conosce il perdono.

A me, oggi, quella figura ammanettata, lascia indifferente. Mi rende orgogliosa invece il lavoro dei Carabinieri del Ros e di tutti coloro che hanno avuto una parte attiva nell’arresto del mafioso. A loro va il ringraziamento più sincero. La gratitudine di una figlia, di una mamma, di una semplice italiana. Siamo tutti uguali di fronte alla legge. Siamo uguali di fronte alla giustizia. Uguali di fronte al giudizio. Ma qualcuno ci arriva più sporco di altri, più vigliacco, più privo di dignità, più sconfitto. Più morto».