VIDEO | Parla il sacerdote vibonese che ha celebrato nella Domenica delle Palme. E si difende: «Non ho infranto le regole». Ma il Comune identifica e multa tutti partecipanti alla liturgia che ora dovranno stare in quarantena
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Si mostra tranquillo, don Giovanni Primerano. Si dice sicuro di non avere disatteso il decreto del presidente del Consiglio dei ministri e di avere agito in assoluta buona fede.
Minimizza l'accaduto e si difende. E ancora, sostiene di non aver disobbedito al suo vescovo, e quindi alla Chiesa, e di non aver violato neppure le leggi degli uomini. Eppure la sua messa, fin troppo partecipata, nella domenica delle Palme dell’era coronavirus, ha destato un vero e proprio polverone.
Siamo a Filadelfia, al confine tra il Vibonese e il Lametino. Le immagini dei fedeli in fila all'altare per ricevere la comunione sono trasmesse in streaming sul web.
Appena il video viene condiviso da un utente, che fa notare un numero eccessivo di persone presenti alla celebrazione, si scatena un vespaio di polemiche.
Altro che divieto di assembramento, distanziamento sociale, decreti del Presidente del consiglio dei ministri e “#restateacasa…
Per don Giovanni Primerano, però, le cose non sono come appaiono. In Chiesa - afferma ai microfoni di LaCNews24 - «c’erano solo dieci persone: sette regolarmente autorizzate e tre che, dimenticate le porte aperte, si sono intrufolate». Insomma, fedeli ortodossi che non si sarebbero accontentati delle immagini trasmesse online.
«Nella chiesa di Santa Barbara, c'erano sette persone autorizzate, con tanto di autocertificazione», ripete. Oltre al prete, che ha celebrato la messa, c'erano «il cantore, il musicista, due lettori e due addetti alle riprese video per la diretta streaming. «A messa quasi terminata - dice - sono entrate tre persone con la mascherina, che hanno preso posto in fondo alla chiesa».
Gli facciamo notare che avrebbe potuto (e dovuto) invitarli a tornare (e restare) a casa. «E che dovevo fare in quel momento dall’altare? Faccio il prete io – risponde - non il vigile… E poi per tre persone in più, non cascava il mondo!».
Ma più che la presenza dei tre “intrusi”, a far discutere è stata la comunione dispensata ai presenti, contravvenendo alle misure di distanziamento sociale decise dalla stessa Chiesa. Anche su questo aspetto il prete fornisce la sua versione dei fatti: «Le ostie benedette erano all'interno di una pisside che io stesso mantenevo a distanza di sicurezza…».
E se dovesse arrivare il provvedimento di quarantena come preannunciato dal sindaco? «Ah si? Ma non siamo stati vicini. E poi, solo per tre persone in più? E comunque, qualsiasi provvedimento lo accetterò, basta che qualcuno mi porti da mangiare», conclude.
Perentorio, invece, l’intervento del sindaco Maurizio De Nisi, che sottolinea come tutti i presenti siano stati segnalati e identificati da carabinieri e polizia municipale. Finiranno in quarantena e qualcuno si beccherà pure una multa salata.
«In questi casi - ricorda il primo cittadino di Filadelfia – è prevista un'ammenda di 400 euro, oltre alla messa in quarantena obbligatoria per 14 giorni ». Lo stesso rammenta le misure adottate sin da subito per tutelare i cittadini dal Coronavirus. Oltre ai posti di blocco in entrata e in uscita dal paese, è stato attivato il servizio per la spesa a domicilio.
«Il prete – prosegue il sindaco – non doveva permettere l'accesso in chiesa, tantomeno doveva dispensare la comunione. È stato leggero…».
C'è rammarico, già. Ma se neppure davanti al Papa, nei giorni del coronavirus, è ammessa la presenza dei fedeli. E se neppure la comunione si dovrebbe dispensare, forse il solo rammarico, dopo quanto accaduto, non basta.