«Ho bisogno di aiuto. Sono sola e temo per la mia vita e per quella dei miei figli». Ha la voce rotta dal pianto e lo sguardo di chi non vede più davanti a sé un futuro. Una donna originaria di Reggio Calabria, di cui non forniamo le generalità per motivi di sicurezza, è ricoverata da oltre una settimana all’ospedale “Tiberio Evoli” di Melito Porto Salvo poiché sarebbe stata violentemente malmenata, anche con una mazza da baseball, dal compagno di 74 anni.

 

Ha enormi lividi sul braccio, morsi sulla schiena e sulle gambe, diversi graffi e un grave trauma facciale. Sul suo volto c’è un enorme livido, che oltre ad essere il risultato della rottura dello sfenoide, è il simbolo di un amore malato, violento, che- stando a quanto riferito- per mesi l’ha vista subire vessazioni di ogni tipo, anche sessuali. È una storia di vero orrore, avvenuta tra le mura domestiche.


I due, un anno e mezzo fa, iniziano una storia sentimentale clandestina, un rapporto non accettato in nessun modo dalla famiglia del compagno. Nove mesi fa, anche a causa della presunta dipendenza dall'alcool dell’uomo, iniziano, però grandi litigi - anche con il figlio del compagno- a cui sarebbero seguiti dei veri e propri maltrattamenti.
«Volevo un affetto, ci dice la donna, una spalla su cui farmi forza, volevo un amore che però è iniziato presto a mancare». La situazione della donna non è mai stata facile. Sposata e separata, ha due figli, una di 21 anni e un altro ancora minore con una grave forma di autismo. Era certa che quell’uomo, molto più grande di lei d’età, potesse darle quel senso di protezione che aveva sempre cercato.

 

«Sono finita varie volte in ospedale- continua durante l’intervista- ma non ho mai potuto dire la verità. Non ho mai avuto il coraggio di denunciare, avevo troppa paura. Addirittura una volta, dopo avermi pestato procurandomi una ferita alla testa e al torace, mi ha portato al pronto soccorso, ma mi ha obbligato a non farmi ricoverare e ho dovuto rifiutare gli accertamenti perché altrimenti i medici, visitandomi, si sarebbero accorti che aveva usato violenza».

Prima di arrivare all’ultimo terribile episodio, nelle settimane scorse- sempre secondo la sua testimonianza- l’uomo dopo l’ennesima ubriacatura sarebbe arrivato persino a chiudere in casa i suoi due figli. Un gesto in cui si sarebbe registrato non solo l’intervento della Polizia, ma anche quello dei vigli del fuoco giunti da Reggio per sfondare la porta dell’appartamento. «Dopo che sono andati via sia i poliziotti che i vigili del fuoco- afferma la signora- ha iniziato a colpirmi e a picchiarmi, ma non potevo fare più niente. Mi ha pestato perché credeva che ero stata io a dire alle forze dell’ordine che era ubriaco».

L’ultimo episodio poi, la sta costringendo a un lungo ricovero e la verità sarebbe saltata fuori. I carabinieri sono stati contattati dai vicini dopo aver sentito le forti urla sia sue che della figlia e dopo le indagini, coordinate dalla Procura di Reggio Calabria, l’uomo si trova agli arresti domiciliari. Ma la donna ha paura per la sua incolumità e non ha un posto dove andare.

 

«Chiedo alla magistratura e alle istituzioni di non lasciarmi da sola. Temo per la mia vita e per quella dei mie due figli. Non è giusto che, per via dell’età, non può essere arrestato. Chi mi tutela adesso?» - si chiede. Nelle sue parole non trapelano, però sentimenti di vendetta o ritorsioni, più volte infatti, ha dichiarato «che quest’uomo ha bisogno di aiuto. Deve essere curato in una struttura che si occupa del recupero delle persone che fanno abuso di alcool. Io ho tentato di aiutarlo, ma mi ha picchiato». E proprio a causa dell’ennesima “bevuta” di troppo la settimana scorsa la donna e i suoi due figli sono precipitati nuovamente in nell’ “inferno”.


La serata è degenerata a causa di un grande alterco tra l’anziano e il figlio di quest’ultimo il quale avrebbe accusato il padre di aver impiegato del denaro, per la ristrutturazione della casa in cui abitava con la sua “nuova” famiglia. Per placare gli animi l’uomo avrebbe consegnato dei soldi al figlio, ma subito dopo ha iniziato a bere e «urlava, ha iniziato a strattonare mia figlia e le ha dato due schiaffi- continua la donna nella sua testimonianza- ho cercato di difenderla, ma mi ha afferrato dal collo facendomi cadere per terra; ha preso una mazza- che ho poi dato ai Carabinieri-, la stessa mazza con cui faceva atti sessuali su di me per “calmarsi”. Mi ha colpito in volto, mi ha graffiato, mi ha morso e non ce l’ho fatta più. Sono caduta per terra e ho perso i sensi».

 

Sono intervenuti sia i carabinieri che gli infermieri del 118 e la donna è stata trasportata al pronto soccorso melitese. Quella sera poi, dopo aver presumibilmente picchiato la compagna, l’uomo si sarebbe chiuso in casa e il bambino affetto da autismo sarebbe stato richiuso dentro una stanza. «A noi (riferendosi a se stessa e alla figlia ndr) ci ha buttato fuori mentre all’altro mio figlio l’ha sequestrato in casa. Non ce lo dava in nessun modo. Fortunatamente i carabinieri sono riusciti ad entrare nell’abitazione».

 

A breve la donna verrà dimessa dall’ospedale melitese e più volte ha ripetuto che teme per la sua vita. «Voglio un po’ di pace, le ferite- quelle dell’anima- che ho sul corpo passeranno, ma quelle nell’anima non andranno via facilmente. Chiedo alle istituzioni- conclude la donna- di aiutarmi e soprattutto alla magistratura di tutelarmi». Il caso è monitorato dal centro comunitario “Agape” attraverso il suo centro di ascolto alle vittime di violenza e, vista la delicatezza e la complessità della situazione chiede al Comune, all’Asp e anche al Tribunale dei Minori che si facciano carico di questo nucleo familiare.