Rivelazioni dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia su diversi fatti di sangue e sulla latitanza del boss Giuseppe Bellocco
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È stata la volta della deposizione del collaboratore di Rosarno, Vincenzo Albanese, nel maxiprocesso nato dalle operazioni antimafia denominate Maestrale-Carthago, Imperium e Olimpo. Un esame dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia servito al pm della Dda di Catanzaro, Antonio De Bernardo, per dimostrare il legame tra i clan di Mileto e la consorteria dei Bellocco di Rosarno. Il collaboratore ha infatti riferito sulla cattura nel 2007 del latitante Giuseppe Bellocco, boss dell’omonimo clan di Rosarno condannato all’ergastolo. Bellocco era latitante da dieci anni ed è stato sorpreso dai carabinieri della sezione Anticrimine di Reggio Calabria con lo Squadrone Eliportato Cacciatori Vibo in un bunker nelle campagne di San Giovanni di Mileto. Vincenzo Albanese ha quindi riconosciuto in foto l’imputato Vincenzo Corso, detto Enzo (cl ’73), di Mileto, come il soggetto che avrebbe aiutato nella latitanza suo zio Giuseppe Bellocco. Quindi il riferimento di Albanese ai Tavella di Mileto.
«Ho conosciuto Fortunato Tavella in carcere – ha dichiarato il collaboratore – e mi disse che a Mileto era lui a comandare, mentre io sapevo che in realtà a comandare era invece Pititto, quello sulla sedia a rotelle. Vincenzo Zungri di Rosarno mi ha riferito che Rocco Tavella, figlio di Fortunato, è stato colui che ha ucciso un cugino del Pititto sulla sedia a rotelle e aveva chiesto aiuto allo stesso Zungri per far sparire il cadavere della vittima. Il Pititto sulla sedia a rotelle si è vendicato facendo sparare Benito Tavella, che è rimasto poi a sua volta in carrozzina, e facendo uccidere Michele Tavella, altro fratello di Rocco e Benito, sparato sulla sedia del barbiere».
Il riferimento è all’omicidio di Michele Tavella, avvenuto a Mileto il 7 ottobre del 2006 e Vincenzo Albanese ha svelato sul punto un altro particolare inedito: ad aiutare Pititto ad uccidere Michele Tavella sarebbe stato “Domenico Mancuso, detto Nikita” dell’omonima famiglia di Limbadi, mentre ad ucciderlo materialmente sarebbe stato «Vincenzo Ascone, e sempre per fare un favore a Mico Mancuso. Anche Antonio Colacchio di Filandari, oltre a Zungri – ha spiegato il collaboratore – mi ha raccontato tale versione sull’omicidio di Michele Tavella. Antonio Colacchio è un parente di Leone Soriano di Filandari. Colacchio in carcere mi disse che lui aveva ricevuto la dote mafiosa del Vangelo da mio zio, il boss Umberto Bellocco di Rosarno. Mi sembrava una circostanza incredibile, ma in seguito ho avuto invece modo di appurare che tale circostanza era vera e Umberto Bellocco gli aveva conferito tale dote durante un comune periodo di detenzione». Vincenzo Albanese ha poi aggiunto che «i fratelli Rocco e Benito Tavella erano ‘ndranghetisti e rubavano di tutto, persino il ferro usato dalle ditte impegnate nei lavori autostradali nel tratto di Mileto».
Il collaboratore si è infine soffermato sulla figura di Salvatore Ascone di Limbadi. «Era chiamato U Pinnularu e sia io che mio cognato abbiamo acquistati da lui la cocaina. A me l’ha presentato Carmelo Pesce di Rosarno. Ricordo che Ascone riforniva di cocaina pure tale Pino, detto Pizzichiju, di Nicotera. Ascone in un’occasione ha avuto problemi per la droga con i fratelli Vincenzo, Domenico e Salvatore Zungri e ricordo che in sua difesa è intervenuto un Mancuso che era poi quello che riforniva di stupefacenti lo stesso Ascone».