«Sono molto dispiaciuto e non posso dire molto. È obbligatorio, non posso sottrarmi». Sono queste le dichiarazioni rilasciate al Corriere della Sera da Massimo Giletti, il conduttore e giornalista da due settimane sotto scorta dopo le minacce ricevute dal boss Giuseppe Graviano, recentemente condannato nell’ambito del processo ‘Ndrangheta stragista.

Intercettato l’11 maggio scorso in un carcere di massima sicurezza, Graviano di Giletti e del magistrato Nino Di Matteo diceva: «Il ministro fa il lavoro suo e loro rompono il cazzo». Questa intercettazione ambientale degli uomini del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria era stata rivelata su Repubblica da Lirio Abate, vicedirettore dell’Espresso, nel libro «U siccu - Matteo Messina Denaro: l’ultimo dei capi».

Le dichiarazioni del boss sono relative a tutta una serie di puntate che Giletti dedicò al provvedimento che nel corso dell’emergenza dettata dal coronavirus aveva scarcerato decine di boss.

«Solo noto che questo provvedimento della scorta arriva dopo che un quotidiano nazionale ha riportato le parole del libro di Lirio Abate. Perché hanno preso questo provvedimento solo dopo che la notizia è stata pubblicata da un giornale?» - ha detto ancora il conduttore.