L'imprenditore catanzarese, entrato nel 1997 nel programma speciale di protezione, commenta l'idea di una legge che premi chi si oppone alla criminalità organizzata. Anche lui sotto scorta, Pino Masciari racconta l'isolamento di chi resiste: «Restituite la vita a chi denuncia»
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«Ogni iniziativa a sostegno di chi affronta e si oppone a viso aperto all’arroganza e alla violenza della ‘ndrangheta è ovviamente un segnale positivo. Ma mi chiedo dove sia il vero problema e perché troppo spesso l’iniziativa di introdurre modalità di risoluzione di gravi criticità debba venire dalle vittime e non da chi siede nei luoghi preposti alla gestione istituzionale della lotta alla mafia».
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Pino Masciari sparisce nella notte il 18 ottobre 1997 insieme alla moglie e ai due figli neonati, portati lontano dalla Calabria e dalla famiglia, avvolti nel buio del programma speciale di protezione per i testimoni di giustizia.
Ha deciso di denunciare la ‘ndrangheta che stava distruggendo le sue aziende e il sistema di collusione tra criminalità organizzata e politica, Masciari, imprenditore edile di Catanzaro. Oggi, a quasi trent’anni dai processi in cui ha testimoniato, vive sotto scorta, dopo essere uscito nel 2010 dal programma di protezione testimoni.
«I testimoni di giustizia lasciati soli e senza futuro»
«Ai testimoni di giustizia andrebbe garantita la sicurezza senza l’isolamento, senza l’esilio e assicurata la ripresa lavorativa, per riallacciare la propria vita là dove si era interrotta a causa delle violenze subite. Finora però ci sono state solo parole. La condizione dei testimoni di giustizia è ancora inaccettabile: soli, isolati, in alcuni casi come il mio anche esiliati, e senza prospettive di futuro» denuncia oggi con amarezza Pino Masciari, intervenendo sulla proposta di un altro imprenditore sotto scorta, Nino De Masi, che chiede una legge che premi le aziende vittime di reati di mafia, chi testimonia contro la criminalità organizzata, una legge ad hoc che agevoli le imprese che resistono, dando un «punteggio aggiuntivo pari al 10%» nelle gare d’appalto.
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Lo Stato sotto scacco della criminalità organizzata
«Cos’è più difficile: individuare, adottare e realizzare forme di premialità, di sostegno, o invece, a causa di un sistema che si è rivelato completamente inadeguato, restituire la vita e il lavoro a chi denuncia? - scrive ancora Masciari - La ‘ndrangheta esercita il proprio potere colpendo tutti, addirittura ha imposto un cartello per il prezzo del pane. Non è un problema solo dell’imprenditoria. Il piccolo commerciante che denuncia l’estorsione spesso riferisce di perdere la clientela, anche per una forma di condizionamento ambientale che schiaccia ogni tentativo di ripartenza. Non ci sono soluzioni facili, soprattutto quando a mancare è uno Stato forte a fianco dei suoi cittadini, che non sia perennemente sotto scacco della criminalità organizzata».
«Vite distrutte dalla 'ndrangheta, cosa fa la Regione per sostenere chi denuncia?»
Già nel 1994, Pino Masciari aveva dovuto chiudere tutte le sue imprese, licenziando gli ultimi 58 operai rimasti.
La ‘ndrangheta, insieme a pezzi di politica, bloccava le sue attività nelle opere pubbliche e nel settore privato, rallentando le pratiche nella pubblica amministrazione e intralciando i suoi rapporti con le banche.
Masciari rifiuta l’imposizione di forniture di materiali e di manodopera, le pretese di regali di appartamenti e costruzioni gratuite e denuncia.
Dopo i processi, in cui testimonia contro ‘ndrangheta e politica collusa, la protezione speciale gli viene revocata e passano anni di ricorsi e scioperi della fame perché gli venga assegnata una scorta nel 2009.
«Ognuno ha le sue responsabilità - dice Pino Masciari - In particolare chiedo: cosa ha fatto la Regione Calabria a sostegno dei testimoni di giustizia calabresi? C’è sempre tempo per fare, ma la speranza, dopo una vita trascorsa come la mia, comincia irrimediabilmente ad affievolirsi».