Nome e simbolo, identità e tradizione: per mesi e mesi, quasi come una cantilena, la polemica sulla Reggina che diventava temporaneamente Fenice Amaranto in seguito all’ennesimo fallimento, ha tenuto banco tra i tifosi amaranto. Una polemica dai toni forti, esasperata nei contenuti da una parte della politica cittadina e cresciuta a dismisura attraverso i social. Una polemica così profonda da spaccare in due la tifoseria e che si è trascinata fino alla scorsa estate quando l’attuale proprietà si aggiudicò all’asta il diritto a chiamarsi Reggina. Una polemica che si sperava chiusa e che invece è riesplosa una manciata di giorni fa, con l’ordinanza con cui il tribunale civile di Catanzaro è intervenuto per stoppare le pretese di un imprenditore e avvocato di Taurianova, Rocco Falleti, che nel 2017 aveva registrato a suo nome il marchio denominativo As Reggina. Una polemica dai toni vagamente surreali – come se un privato cittadino registrasse il nome Coca Cola rivendicandone poi il diritto all’uso esclusivo – e che, nonostante il pronunciamento del giudice, potrebbe trascinarsi ancora per le aule di tribunale.

«Io avrei evitato di andare in tribunale, ma se tu registri un marchio identico ad un marchio già registrato, io come titolare, ho l’obbligo di fare qualcosa. L’intenzione era di regalarlo il marchio, però se qualcuno viene a prendere possesso di qualcosa che non gli appartiene deve avere la cortesia di chiederlo, non di sfondare la porta». E pazienza se il nome Reggina accompagna la squadra amaranto da 110 anni. Rocco Falleti è un avvocato di Taurianova da tempo trasferito a Milano. Alla guida di una società attiva nei settori dell’informatica e della ricettività, Falleti aveva registrato a suo nome il marchio As Reggina nel 2017, in seguito al fallimento della storica società guidata da Lillo Foti, andata a gambe per aria nel 2015. Un “buco” amministrativo dentro cui si è inserito il professionista taurianovese (che si dice grande tifoso amaranto) e che è finito inevitabilmente per portare ulteriore confusione in un ambiente che da dai tempi dell’arresto dell’ex presidente Gallo, vive costantemente sull’orlo di una crisi di nervi.

«La registrazione e l’utilizzo da parte del Falleti - si legge nel comunicato stampa delle società amaranto che riprende l’ordinanza del tribunale di Catanzaro – di un marchio che riprende due degli elementi di maggiore efficacia distintiva dei marchi di proprietà della società resistente (marchio e colori sociali) in quanto ceduti alla stessa dal fallimento della Reggina 1914 srl si ponga come elemento di confusione del mercato di riferimento, essendo indubbiamente idonei ad indurre consumatori e operatori in genere a ritenere esistente un collegamento tra l’attività svolta dal Falleti e la società resistente». Una decisione che a Falleti proprio non è andata a genio: «Il comunicato è fasullo – racconta Falleti, condannato dal medesimo tribunale a pagare le spese legali – loro parlano di legittimità dell’uso dei marchi e nullità della mia registrazione, ma non è vero. Il giudice non doveva entrare nel merito della questione, ma doveva esprimersi solo sulla richiesta di procedura d’urgenza».

Oltre al nome però, c’è altro che resta sospeso in questa storia dai contorni assurdi. Contemporaneamente alla registrazione della denominazione “As Reggina” infatti, Falleti ha registrato sempre nel 2017, attraverso un’azienda milanese con sede a corso Buenos Aires, il dominio internet “Asreggina.net” su cui giganteggia una fotografia della curva sud piena come un uovo e su cui si possono acquistare biglietti di calcio di uno dei circuiti di ticketing on line e gadget dozzinali (borse, cover per cellulari, cuscini ma non le uniformi della squadra) con il marchio As Reggina.

«La mia idea era quella di mettere in sicurezza il marchio, estrapolandolo dagli asset aziendali della Reggina per proteggerlo da eventuali future procedure fallimentari – dice candido a LaC News24 Rocco Falleti – Nella mia idea originaria il nome sarebbe dovuto poi passare ad una fondazione formata da tifosi amaranto che lo avrebbe a sua volta concesso, senza vincoli spaziali o temporali, alla società sportiva che detiene il titolo, ma poi non ci fu tempo di creare questa fondazione». Ecco, non c’è stato tempo.