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Bisogna tenere in considerazione «l'’effettività dell’operatività delle organizzazioni mafiose, perché è noto a tutti che le donne stanno prendendo il posto degli uomini. Molto spesso attraverso le donne camorriste o ‘ndranghetiste, che le cosche e i clan vengono portati avanti: custodiscono le regole. Sono quindi soggetti pericolosi». Così Federico Cafiero de Raho, procuratore nazionale antimafia ed antiterrorismo in audizione in commissione giustizia della Camera sulla riforma dell’ordinamento penitenziario, critico sul punto della detenzione domiciliare a donne incinte o madri di minori di anni 10, anche se condannata per delitto di mafia o terrorismo.
«Mettere in detenzione domiciliare una condannata per camorra, ‘ndrangheta, mafia o terrorismo per restituirla alla famiglia o ai figli è il percorso inverso a quello che si sta tentando di fare nei territori in cui si subiscono violenze e intimidazioni» - sottolinea de Raho insistendo sul fatto che quelle mamme «non sono madri “normali” ma mafiose o terroriste, ovvero “soggetti pericolosi”. Quello che andrebbe fatto nei loro confronti “sono percorsi educativi e formativi”, suggerisce de Raho.
«La modifica dell’articolo dell’ordinamento penitenziario - conclude de Raho - che permette la detenzione domiciliare a queste donne riteniamo che sia un ulteriore vulnus ad un sistema che deve invece essere severo e rigido. Questo è ciò che dobbiamo garantire ai territori. Soprattutto dobbiamo rompere il collegamento di soggetti mafiosi con il territorio aiutando così il contrasto alle mafie».