Sono state tutte condannate dal Tribunale di Vibo Valentia, presieduto dal giudice Marina Russo, le maestre di un asilo di Mileto accusate di maltrattamenti ai danni di un bimbo disabile. Queste le singole condanne: 3 anni e 6 mesi per Adriana Mangone, di 56 anni (2 anni e 4 mesi la richiesta del pubblico ministero); 3 anni e 6 mesi per Francesca De Liguori Cimino, di 51 anni (2 anni e 4 mesi la richiesta del pm);  3 anni e 6 mesi Elena Magliaro, di 44 anni (2 anni la richiesta del pm); 3 anni e 6 mesi per Maria Teresa Spina, di 64 anni (2 anni la richiesta del pm); 3 anni per Maria Rosa Riso, di 44 anni (2 anni la richiesta del pm); 3 anni per Anna Maria Veneziani, di 55 anni (un anno e 8 mesi la richiesta del pm). Tutte le imputate sono state condannate anche a cinque anni di interdizione dai pubblici uffici, al pagamento delle spese processuali e ad una provvisionale nei confronti della parte civile.

L’inchiesta dei carabinieri, denominata “Don Rodrigo”, risale al 2011 e si avvale di riprese video ed audio effettuate dai militari dell’Arma dopo la segnalazione di presunti maltrattamenti nell’asilo ai danni del bimbo disabile i cui genitori si sono costituiti parti civili nel processo con l’avvocato Giuseppe Di Renzo. Nel collegio di difesa figurano gli avvocati Enzo Gennaro, Tony Crudo, Nicola Riso, Salvatore Giordano e Giovanni Marafioti. 

Concorso in maltrattamenti, l’accusa mossa nei confronti delle sei maestre ora condannate. Nel luglio del 2011 a fare scattare l’operazione “Don Rodrigo” era stata un’informazione confidenziale raccolta dai carabinieri della Stazione di Mileto su presunti maltrattamenti all’asilo comunale ai danni di un bambino – all’epoca di 5 anni – con sindrome Adhd (ipervivacità). Ai militari dell’Arma venne recapitato, in forma anonima, un dvd contenente alcune immagini riprese con il telefonino. Da qui l’avvio delle indagini e il posizionamento, nei locali dell’asilo, di alcune telecamere che avrebbero filmato quanto avveniva nell’asilo. Le maestre, alcune delle quali finite all’epoca agli arresti domiciliari, avrebbero vessato il bimbo colpendolo ripetutamente con schiaffi in diverse parti del corpo o tenendo nei suoi confronti comportamenti definiti dagli inquirenti prevaricatori e psicologicamente violenti. Il bambino sarebbe stato bloccato con forza allo scopo di togliergli la tuta e impedirgli di prendere parte alla lezione di calcio, nonché sarebbe stato costretto a sedersi su una sedia che era stata poco prima bagnata, oppure sarebbe stato rinchiuso in un ripostiglio al buio e spaventato con l’arrivo di “Don Rodrigo” (da qui il nome dato all’operazione) che l’avrebbe punito per il suo comportamento indisciplinato. Alla lettura della sentenza, l’avvocato Giuseppe Di Renzo, legale di parte civile, ha espresso “grande soddisfazione per il verdetto che sposa in pieno - ha dichiarato il legale - una battaglia portata avanti per diverso tempo e con non poca fatica”.