Un disastroso uragano si abbatté sulle coste tirreniche cosentine il 17 settembre del 1883, seminando il terrore tra la popolazione e oltre trenta morti. Si tratta di un evento tragico che però sembra essere scomparso dalla memoria collettiva. Ed è per questo che se n’è discusso al Museo del Peperoncino di Maierà nel corso del convegno “L’uragano Straordinario”, moderato dalla giornalista Nicoletta Toselli e organizzato dalle associazioni Makhairsa e Calabria Nuova. L’evento, a cui hanno assistito decine di studenti delle scuole medie del territorio, si è trasformato in un toccante spettacolo quando alcuni partecipanti hanno interpretato le pagine di memoria storica attraverso la narrazione teatrale. L’uragano colpì principalmente le comunità di Maierà e Grisolia, lungo la cosiddetta via dei Mulini, una stradina incastonata nella profonda valle che unisce le due piccole comunità. Tra coloro che hanno preso parte al dibattito, anche gli esponenti di entrambe le amministrazioni comunali.

La lunga ricerca

Alla ricostruzione dell’evento ha collaborato Carlos Alberto Quinteiro Perrone, figlio di immigrati di Maierà, che ha ispirato un’approfondita ricerca avviata dallo storico Pablito Sandalo e la storica dell’arte Annalisa Mandato, durata ben quattro anni. «Abbiamo ritenuto che fosse necessario comunicare alla cittadinanza questo evento storico così particolare - spiega Mandato - , in quanto nessuno, purtroppo, nella cittadinanza ne era al corrente. Man mano che abbiamo poi rinvenuto altri documenti - continua - io e lo storico Pablito Sandalo ci siamo resi conto che il fenomeno meteorologico in realtà fu molto intenso, così intenso da inglobare anche altre regioni durante il suo passaggio. Ci siamo documentati sempre di più, fino a che abbiamo rinvenuto altri giornali dell'epoca che confermavano la tragedia, avvenuta proprio nella Valle dei Mulini tra Maierà e Grisolia, anche se ci sono state altre vittime sul litorale tirrenico. Inizialmente, l'idea era quella di pubblicare un testo, però poi abbiamo ritenuto che fosse un po’ più d'effetto raccontarlo di persona, recitarlo con il cuore in mano e, soprattutto, rivolgere il nostro racconto alle giovani generazioni, in quanto sono loro poi a portare nel futuro questa storia».