Dopo l'avviso di garanzia per aver falsificato due carte di identità di una mamma e un bimbo migranti, il già primo cittadino respinge le accuse: «Il piccolo aveva bisogno di cure»
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«E’ un contestazione molto debole sul piano giuridico». All’indomani della notizia sulla nuova inchiesta della Procura di Locri a Riace, l’ex sindaco Mimmo Lucano passa al contrattacco. Il già primo cittadino famoso in tutto il mondo è finito ancora nel registro degli indagati per aver falsificato due carte d’identità per due immigrati eritrei, un mamma e il suo bambino, ospiti del programma di accoglienza ma senza permesso di soggiorno.
Secondo quanto ha riferito l’ex sindaco, «la Prefettura ci aveva chiesto l’inserimento per la madre e il bambino e noi avevamo detto di sì perché c’era la disponibilità». In seguito, ha osservato Lucano, «fu fatta l’iscrizione al registro anagrafico e poi fu richiesta la carta d’identità perché il bambino aveva necessità di vedersi assegnato un pediatra».
«Io lo rifarei» ha aggiunto Lucano ricordando che «la Costituzione prevede il diritto alla salute, il diritto alla salute è inviolabile e fondamentale». «La carta d’identità era legata ad esigenze sanitarie - conclude Lucano - e per me è prioritario rispettare la dignità umana di un bambino di pochi mesi». Lucano inoltre si chiede come mai sotto la lente degli investigatori non siano finiti i documenti di Becky Moses, la ragazza africana morta in un rogo nella tendopoli di San Ferdinando (leggi la sua storia), dopo la scadenza del suo periodo di soggiorno a Riace. «Anche lei – conclude Lucano – era regolaremente iscritta all’elenco anagrafico comunale».