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Alla fine, la risposta da Roma ai fatidici quesiti posti dal Consiglio regionale delle autonomie locali è arrivata e sembra essere dirompente. Per il dipartimento della Funzione pubblica di Palazzo Chigi, infatti, i nuovi contratti a tempo determinato possono essere stipulati senza conseguenze deleterie per i Comuni soltanto in presenza di un iter di stabilizzazione già avviato, che a sua volta deve essere coerente con il piano triennale del fabbisogno di personale e non può prescindere da un’adeguata copertura finanziaria.
Insomma, siamo punto e daccapo. Anzi, per certi versi, il clima rischia di diventare più pesante. Perché ora a temere di aver fatto un passo falso sono anche le Amministrazioni che hanno già rinnovato i contratti, esponendosi a eventuali azioni risarcitorie promosse dai lavoratori che non dovessero approdare all’agognata stabilizzazione.
La questione si trascina dalla fine dell’anno, quando sono scaduti i contratti di circa 5mila lavoratori fuoriusciti dal bacino assistenziale degli Lsu e Lpu e avviati verso la stabilizzazione in forza del decreto legislativo n.75 del 25 maggio 2017. Condizione indispensabile, però, è avere alle spalle almeno 3 anni di contratti a termine. E qui sorge l’inghippo, perché, in base alla legge Madia, se non si viene stabilizzati dopo tre anni di precariato si può fare causa al Comune datore di lavoro.
In Calabria, quasi tutti Comuni hanno già proceduto alla proroga dei contratti, basandosi sulle rassicurazioni della Regione, che si è impegnata a sostenere i processi di stabilizzazione, grazie anche ai finanziamenti previsti a questo scopo nella Legge di stabilità. Al momento, soltanto 14 Comuni si sono rifiutati di assecondare questa decisione, gli stessi che erano in spasmodica attesa della risposta ufficiale da parte del Dipartimento della funzione pubblica, sulla base delle domande poste dal Consiglio regionale delle autonomie locali, presieduto da Salvatore Lamirata, sindaco di San Demetrio Corone.
«La circolare - rimarca Lamirata - chiarisce che una proroga generalizzata non può essere fatta. Nel documento, infatti, si spiega che la proroga può essere concessa solo se l’ente poi stabilizza il lavoratore, con una preventiva verifica del fabbisogno del personale e della capacità finanziaria. Non a caso viene richiamata anche l’eventuale azione risarcitoria che il lavoratore può promuovere se non viene stabilizzato dopo 36 mesi di precariato».
Insomma, il documento arrivato da Palazzo Chigi sembra confermare tutte le perplessità dei sindaci “ribelli”, come il primo cittadino di Arena, Antonino Schinella, tra i più strenui difensori della linea prudente. «Il dipartimento della Funzione pubblica - sottolinea Schinella - conferma con i suoi chiarimenti che abbiamo agito con grande senso di responsabilità, non solo nell’interesse dell’Ente ma anche e soprattutto dei lavoratori, che rientrano a pieno titolo nel bacino degli Lsu e Lpu».
La circolare, infatti, ribadisce esplicitamente la sussistenza del bacino, che invece la Regione stava smantellando.
Al momento, dunque, i lavoratori senza contratto dovrebbero tornare a essere considerati a tutti gli effetti Lsu e Lpu, continuando ad operare nei rispettivi Comuni per percepire poi il vecchio sussidio mensile di 800 euro, almeno sino a quando non ci saranno i presupposti per la stabilizzazione.
In totale sono 14 i Comuni che non hanno varato le proroghe: in provincia di Cosenza sono San Demetrio Corone (8 lavoratori), San Giorgio Albanese (10), San Gineto (6); in provincia di Catanzaro 25, Platania (7), Fossato Serralta (3), Piriolo (8), Conflenti (7); il provincia di Vibo Valentia, Ionadi (2), Pizzoni (7), Acquaro (9), Arena (15), Dasà (8), Soriano Calabro (3), Cessaniti (3).
Enrico De Girolamo