Un medaglione del XIX secolo in filigrana d’argento. Un gioiello prezioso, figlio della maestria dei gioiellieri napoletani e catalogato tra i beni storici di pregio da parte della soprintendenza di Reggio Calabria. Un gioiello prezioso al cui interno è custodita una reliquia religiosa che la tradizione vuole legata al ricordo della Madonna. Potrebbe essere stato questo gioiello ad avere mosso la mano di chi si è intrufolato nella splendida chiesa cinquecentesca di Santa Maria at Nives a Bovalino superiore. Una visita notturna che non ha risparmiato neanche la parte più sacra della chiesa – i ladri hanno profanato anche il tabernacolo, prelevando l’ostia magna – e che ha interessato anche la cripta dell’edificio, dove sono custoditi i cimeli più importanti che appartengono alla parrocchia. Solo la presenza di un sistema di allarme – che non è scattato ma che ha probabilmente agito come deterrente – ha impedito ai ladri di farsi largo oltre il portone di legno rinforzato che porta ancora i segni del tentato scasso.

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A destare maggiore scalpore nella piccola comunità alle porte d’Aspromonte è stata la profanazione religiosa, con il furto dell’Ostia Magna che ha comportato una messa “di riparazione” tenuta dal vescovo Oliva sabato scorso e a cui hanno partecipato religiosi e fedeli da tutta la diocesi. Una profanazione così grave che ha portato lo stesso vescovo a scomunicare i ladri e a temere che dietro il furto possano esserci «riti magici, messe nere o quant’altro appartiene a questo mondo dell’occulto». Ma al posto di riti satanici e messe nere (ipotesi che salta fuori ad ogni effrazione all’interno delle chiese calabresi senza che peraltro venga mai fuori un riscontro ma che resta comunque al vaglio degli inquirenti) dietro lo scasso della chiesa sorta sulle rovine di un convento francescano (a sua volta sacrificato negli anni ’50 sull’altare dell’edificazione selvaggia), potrebbe esserci solo il furto di un gioiello antico, che all’alto valore religioso somma un valore più prosaicamente spendibile sui mercati d’arte clandestini.

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Dalle prime ricostruzioni, i ladri sarebbero entrati nella chiesa da una porta laterale e sarebbero andati a colpo sicuro. La reliquia, dono di un vecchio vescovo originario di Bovalino e morto agli inizi del secolo scorso, era custodita in un armadio al lato della navata centrale. Nessun sistema di sicurezza particolare a proteggerlo, solo una serratura solida: «d’altronde – dice sconsolato il priore della confraternita dell’Immacolata, Blefari – nessuno ha mai pensato che potessero rubarla. Tutta la nostra comunità è legata a quella reliquia, tanto che durante le processioni dedicate alla Madonna, veniva sistemata sulla statua e portata in processione in ricordo di un miracolo legato al tempo delle incursioni saracene sulle nostre coste».

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Il medaglione però non sarebbe stato l’unico obiettivo dei ladri: dopo avere profanato il tabernacolo, avere vandalizzato uno degli arredi della chiesa e avere sottratto il medaglione, i ladri avrebbero provato a forzare anche il portone esterno della cripta. Qui, in una serie di teche in vetro, sono custoditi calici, paramenti antichi, statue e un reliquario risalente al diciassettesimo secolo che è la vera “star” tra i gioelli antichi custoditi dalla parrocchia. Sul portone di legno sono ancora evidenti i tentativi di scasso: «Probabilmente si sono accorti del sistema di allarme collegato a questa porta e si sono fermati. Per fortuna» dice ancora Blefari.

La difficoltà di vendere sul mercato nero un bene ufficialmente catalogato e ampiamente conosciuto come il medaglione di Bovalino, potrebbe comunque portare gli autori del furto a restituire la reliquia: a Caulonia, sempre nel reggino, qualche tempo fa ignoti rubarono una preziosa statua in legno dal romitorio di Sant’Ilarione per poi farla ritrovare qualche giorno dopo nei pressi di un’altra chiesa del paese. Una speranza coltivata dallo stesso vescovo Oliva che, per chiedere la restituzione del bene, ha lanciato un appello direttamente dalle telecamere Rai di “chi l’ha visto?”.