Gli addebiti mossi in sede penale riguardavano la durata delle trasferte e i soggiorni a Roma non strettamente necessari. Dovrà pagare 11mila e 985 euro
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Dovrà pagare 11.985,50 euro al Ministero della Giustizia per danno all’immagine e patrimoniale, l’ex procuratore di Vibo Valentia Alfredo Laudonio. L’ha deciso la Corte dei Conti con apposita sentenza dopo il verdetto di colpevolezza in sede penale per quattro episodi di peculato per i quali l’ex procuratore è già stato condannato in via definitiva a un anno e sette mesi nel 2016 con sospensione condizionale tanto della pena principale quanto della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici per il tempo pari alla durata della pena.
Gli addebiti mossi in sede penale riguardavano la durata delle trasferte e i pernottamenti e i soggiorni a Roma non strettamente necessari. Per la Corte dei conti i doveri di servizio «gli imponevano di trattenersi fuori dalla sede di servizio per il tempo strettamente necessario all’espletamento delle proprie missioni, non essendo giustificata alcuna spesa non sorretta dal criterio di stretta necessarietà».
Laudonio avrebbe invece sfruttato l’esigenza di recarsi fuori sede per esigenze di servizio approfittando per farsi «rimborsare spese di soggiorno a Roma non giustificate da esigenze di servizio». Un modus operandi che avrebbe creato un danno all’immagine della magistratura considerato pure che «la notizia ha avuto ampia eco nella stampa» compromettendo la credibilità della magistratura e «infangando l’opera meritoria dei tanti magistrati che quotidianamente – ha scritto la Corte dei Conti – svolgono con sacrificio personale il loro lavoro». L’ex procuratore Alfredo Laudonio è stato condannato in contumacia, non essendo più residente a Vibo Valentia ma in Tunisia.
La vicenda ha avuto in sede penale per oggetto quattro missioni a Roma al servizio centrale della polizia scientifica, a seguito delle quali “Laudonio liquidava a se stesso” rimborsi per le spese di viaggio e soggiorno, compresi pernottamenti nella Capitale «non strettamente necessari». La Corte d’appello di Catanzaro pur ritenendo “insindacabile” la scelta del magistrato di recarsi a Roma, ha valutato sussistere la «distrazione per quelle spese».