Un padre gravemente malato e un figlio che vorrebbe riabbracciarlo. Come quella volta a Riace davanti al seggio poco prima di andare a votare per le comunali. Sono giorni particolari per Mimmo Lucano, in esilio da quasi un anno per effetto nel divieto di dimora nel paese amministrato per tre mandati. Da qualche tempo le condizioni di papà Roberto si sono aggravate. Così il comitato il Comitato undici giugno, nato a sostegno dell'ex sindaco del comune dell’accoglienza, ha lanciato una raccolta firme per chiedere al presidente della Repubblica Sergio Mattarella «non pietà ma giustizia». 

 

«Neanche fosse il peggiore dei camorristi – ha osservato Sasà Albanese, anima del comitato “lucanista” – stiamo parlando di diritti violati. Un trattamento del genere non l’hanno subito neppure i mafiosi. È una persona incesurata – ha sottolineato - a cui viene impedito di tornare nel suo paese».

Sorpreso da tanto clamore mediatico, Lucano ha ammesso di avere nostalgia di casa, e soprattutto fiducia nel buon esito del processo che lo vede alla sbarra a Locri. «Non ho mai chiesto niente se non giustizia – ha affermato – sono stato a trovare mio padre all’ospedale durante il periodo di degenza. Adesso è a casa. Cosa mi ha detto l’ultima volta? Che probabilmente non sarebbe più venuto a salutarmi a Caulonia, ma che sperava un giorno di vedermi tornare a casa».

 

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