Dalle rette inadeguate ai costi delle bollette quintuplicate, le strutture extraospedaliere convenzionate in piena crisi: «Situazione insostenibile»
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Le associazioni che rappresentano le strutture extraospedaliere accreditate e convenzionate col Servizio sanitario regionale chiedono un vertice urgente con il governatore Roberto Occhiuto, che riveste anche l’incarico di commissario ad acta per la sanità. Gli enti, è scritto in una nota «dall’inizio della pandemia non si sono viste riconoscere i maggiori costi non previsti in seguito alle norme restrittive emanate dal Governo e dalla stessa Regione».
I ristori Covid
Minacciano, inoltre, di agire per le vie legali al fine di «ottenere il ristoro dei danni arrecati e l’individuazione di eventuali responsabilità. La Calabria, è, infatti, - si sostiene - l’unica regione in cui non sono stati concessi ristori Covid alle strutture territoriali della sanità convenzionata equiparate a quelle pubbliche dal cosiddetto Decreto Rilancio (decreto legge 34/20 e successive modifiche)».
Le associazioni Uneba, Anaste, Andiar, Aiop, Aris, Agidae, Crea, «che rappresentano le strutture che operano, in regime di accreditamento, nel campo sanitario e socio-sanitario della riabilitazione (residenziale, a ciclo diurno e ambulatoriale), delle Rsa per anziani e disabili, delle strutture psichiatriche, delle strutture per le tossicodipendenze, della specialistica ambulatoriale erogando servizi che, in questi anni, hanno continuato a garantire il diritto ai Lea dei cittadini calabresi, hanno invitato il presidente Occhiuto - continua il comunicato - ad adottare provvedimenti seri e concreti a sostegno degli erogatori entro e non oltre 14 giorni il ricevimento di una nota con cui chiedono un acconto dell’80 per cento delle somme richieste, necessarie ad alleviare la gravissima crisi economica che stanno patendo a causa del protrarsi dell’inattività della Regione».
Le stesse associazioni sollecitano, inoltre, l’utilizzo delle somme che il Governo ha già inviato alla stessa Regione. «Basti qui ricordare - scrivono - che anche la Corte dei Conti, in aggiunta al tavolo ministeriale “Adduce”, ha richiesto alla Regione Calabria chiarimenti in merito al mancato utilizzo delle risorse che il Governo ha destinato ed inviato e che non sono state rendicontate, pari a circa 85 milioni di euro».
Chiesto un incontro con Occhiuto
Le associazioni chiedono, ancora, di istituire un tavolo tecnico regionale di confronto. Rimarcate le spese affrontate nel periodo emergenziale: «Le strutture private, essendo tenute ad applicare i necessari protocolli di legge con i conseguenti costi per l’acquisto di Dpi, il reperimento di ulteriore personale medico e paramedico appositamente dedicato alla cura e all’assistenza dei pazienti Covid-19 e per l’allestimento dei reparti con pareti divisorie ed altre suppellettili necessarie all’adeguamento per la gestione dell’emergenza, sono state non solo costrette ad anticipare somme importanti ma - si fa rilevare - anche a registrare, rispetto ai contratti sottoscritti con le Aziende sanitarie, minor fatturato a causa delle varie ordinanze di chiusura e a ricorrere a finanziamenti presso istituti di credito per poter assicurare la continuità delle prestazioni sanitarie.
Stante l’inerzia della Regione - è scritto ancora - alcuni erogatori hanno interpellato la magistratura ottenendo numerosi decreti ingiuntivi che riconoscono il diritto ai ristori di legge, sia con riguardo alle anticipazioni dei costi per i Dpi sia al rimborso del minor fatturato. I giudici hanno peraltro riconosciuto gli interessi di mora che, perdurando l’inerzia della Regione, dovranno essere corrisposti e configureranno un danno erariale. Come se non bastasse, le rette sono ancora quelle previste dai contratti del 2010 e risultano ormai del tutto inadeguate alla situazione attuale».
Lo stato di crisi delle strutture private
Anche su questo punto le associazioni segnalano «l’assoluta negligenza da parte della Regione Calabria in quanto le strutture operano seguendo i requisiti previsti dal decreto del commissario ad acta 15/2016 che prevede che la retta provvisoria sarebbe dovuta durare solamente sei mesi; successivamente avrebbe dovuto essere applicata la retta intera stabilita dallo stesso Dca. Invece, ad oggi gli erogatori vengono pagati con la retta ridotta nonostante diverse sentenze dell’autorità giudiziaria abbiano sancito il diritto degli stessi ad essere pagati con la retta intera. A ciò - scrivono - si aggiunga che le bollette di luce e gas sono quintuplicate. La situazione è ormai insostenibile per le strutture che chiedono pertanto un incontro col presidente Occhiuto, che non le ha mai incontrate, per informarlo del grave stato di crisi che attraversano».