È un mercato che non conosce crisi e come da consuetudine la ‘ndrangheta, se si parla di droga gioca ormai un ruolo di assoluta protagonista. L’operazione si chiamerà anche “European ‘ndrangheta connection”, ma la testa e la base logistica dell’organizzazione è sempre nella provincia di Reggio Calabria. L’asse su cui viaggiava la droga, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, andava dalla costa ionica a quella tirrenica della provincia reggina. Sulla Locride la cosca Pelle-Vottari metteva sul tavolo i capitali, mentre a Rosarno i picciotti della famiglia Grasso avevano i mezzi logistici per fare uscire quintali di cocaina dal porto di Gioia Tauro. Quantità impressionanti di droga che pongono ancora una volta, lo scalo portuale al centro dei traffici internazionali di droga, una delle porte privilegiata dalle ‘ndrine per fare entrare in Europa ingenti tonnellate di polvere bianca.

 

Al centro dell’inchiesta ci sono Antonio Pelle e suo figlio Domenico. Il primo lo ricordiamo per la fuga rocambolesca dall’ospedale di Locri dove era stato trasferito dal carcere perché, ufficialmente, affetto da problemi alimentari. Da latitante, secondo gli inquirenti, avrebbe gestito per conto della cosca Pelle-Vottari i traffici di cocaina, attraverso il figlio che, a suo volta, si appoggiava a Giovanni Grasso per fare entrare le partite di droga proveniente dal Sud America dal porto di Gioia Tauro. Grasso, secondo le risultanze investigative, gestiva una squadra di portuali infedeli che pagati con percentuali di cocaina, dal 20 al 30% del carico.

 

I picciotti andavano avanti e indietro dal Sud America per siglare accordi con i narcotrafficanti e importare tonnellate di cocaina da smistare in mezza Europa: Italia, Germania, Belgio e Olanda. A finire in manette i presunti appartenenti delle ‘ndrine Ietto di Natile di Careri, Ursini di Gioiosa Ionica, Grasso di Rosarno e poi Pelle-Vottari di San Luca. Ed è proprio su questa cosca, come detto, che si è concentrata l’attenzione degli inquirenti. Da quando Antonio Pelle detto la “mamma”, condannato per associazione mafiosa nel processo “Fehida” era scappato dall’ospedale di Locri nel 2011, la Dda ha monitorato la sua famiglia ed in particolare i figli Francesco e Domenico, scoprendo che anche da latitante avrebbe organizzato traffici di droga. È intercettato mentre parla con il figlio Domenico di percentuali e soldi da reinvestire in attività illegali all’estero, e di quelle pretese da Grasso per fare entrare la droga a Gioia Tauro.

 

Antonio Pelle verrà arrestato nell’ottobre del 2016 nella sua casa di contrada Ricciolio, a San Luca, il suo regno. Ma nel frattempo l’antimafia stava raccogliendo su di lui e sui suoi presunti compari nuove accuse culminate nel maxi blitz che ha visto la creazione di una Squadra investigativa comune (Joint Investigation Team) costituita all’Eurojust tra magistratura e forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania.