Fa discutere la decisione della Cassazione di annullare con rinvio, limitatamente all’applicabilità delle attenuanti generiche, la condanna all’ergastolo per l’infermiere calabrese Antonio De Pace, inflitta al giovane dalla Corte d’Appello per avere ucciso la fidanzata Lorena Quaranta, studentessa di medicina con la quale condivideva un appartamento a Furci Siculo.

Stress da attenuanti generiche

Secondo gli ermellini, i giudici di secondo grado non avrebbero verificato se la specificità del contesto, scandito dall’emergenza Covid e dalla eccezionalità dell’evento pandemico, abbia inciso nelle dinamiche che portarono l’omicida, il 31 marzo 2020, a strangolare la donna. Dai familiari della vittima ma anche dalla rete dei centri di violenza si è sollevata un’ondata di indignazione. Una marcia silenziosa contro il dispositivo emesso dalla suprema corte, è stata organizzata nel paesino del messinese dove si è consumata la tragedia dall’Associazione Al Tuo Fianco presieduta da Concetta La Torre. Ma le posizioni critiche non sono unanimi: «Non mi voglio unire al coro» dice Matilde Spadafora Lanzino, madre di Roberta uccisa a 19 anni il 26 luglio 1988 ed ancora in attesa che si faccia giustizia. «Come persona comune, davanti alla brutalità dell’omicidio, nella mia mente matura la convinzione che il colpevole meriti l’ergastolo e forse addirittura qualcosa di più. Detto questo però, dobbiamo pure guardare alle questioni di diritto».

Garantismo non a convenienza

«La Cassazione non ha detto che a causa del Covid l’assassino non meriti l’ergastolo. Ma ha richiamato la Corte d’Appello a dimostrare che lo stress derivante dal lockdown non sia stata una delle cause scatenanti l’omicidio. Se siamo garantisti – afferma la presidente della Fondazione Lanzino – non possiamo esserlo a convenienza. Lo dice una persona che ha pagato sulla propria pelle gli errori commessi dalla giustizia nei tanti processi celebrati per fare luce sulla morte di Roberta. Però non vedo sessismo nella decisione della Cassazione. Penso che i medesimi rilievi sarebbero stati sollevati se a perdere la vita fosse stato un uomo». A proposito di sessismo, Matilde Spadafora Lanzino commenta anche il recente disegno di legge, poi ritirato, proposto dal senatore della Lega Manfredi Potenti, per sanzionare la declinazione al femminile dei sostantivi riferiti a cariche istituzionali: «Mi viene da ridere – dice – Mi meraviglia che il titolare di una così importante carica pubblica possa sostenere delle sciocchezze del genere. Secondariamente, io sono proprio una persona che si batte molto, soprattutto nelle scuole, per introdurre appunto l’uso del femminile. Per cui si può facilmente immaginare cosa penso di questa proposta».