Ilaria, Vincenzina, Adele: storie tra le altre, storie di donne che non ci sono più. E poi c'è chi è stata salvata dagli inferi e chi è sopravvissuta, come Maria Antonietta che lancia un monito: «Non abbiate paura di raccontare prima a voi stesse la verità e poi a tutti gli altri». Affinché la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne sia 365 giorni all'anno (ASCOLTA L'AUDIO)
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C'è una bimba di due anni e mezzo che non rivedrà più gli occhi di sua madre, che non sentirà più il calore dell'abbraccio di chi l'ha messa al mondo. Ilaria Sollazzo non c'è più. Aveva solo 31 anni. È stata brutalmente uccisa in una tiepida sera autunnale dal padre della sua bambina. Era il 2 ottobre. Due proiettili. Due colpi fatali per spezzare una vita e segnare per sempre quella di una piccola creatura innocente che in pochi minuti ha perso sia la madre che il padre. Lui, infatti, dopo aver ucciso l'ex compagna, ha puntato la pistola contro di sé, premendo il grilletto ancora una volta. Aveva tanti sogni Ilaria, uno lo aveva da poco realizzato: era diventata insegnante di sostegno. Forse, nella scuola dove insegnava c’è ancora la sua studente che attende di riabbracciarla. Ma Ilaria non tornerà.
Non c’è più neppure Vincenzina Ribecco. Anche lei con il marito non voleva avere nulla a che fare. E forse proprio quella decisione è stata la sua condanna a morte. Un colpo di pistola le ha attraversato il cuore l’8 marzo scorso. Secondo gli inquirenti la stessa vittima avrebbe fatto entrare in casa l’uomo, probabilmente Vincenzina è stata freddata senza aver avuto neppure la possibilità di difendersi.
La vita di Domenica Caligiuri è stata spezzata il 2 luglio scorso. È stata trovata sul letto in un bagno di sangue, uccisa a coltellate. A toglierle la vita sarebbe stato il compagno, forse indispettito per il fatto che a fronte di un ennesimo litigio la donna avrebbe deciso di andare a dormire da un’amica.
Poi c’è Adele, c’è Fabiana, c’è Antonella. Nomi in mezzo alle altre. Nomi che la Calabria e il Paese intero non possono e non devono dimenticare. Storie di gelosie, di amori malati, di amori morbosi che stringono forte fino a togliere il respiro. Storie di dolore per chi va e per chi rimane.
Adele era una ragazza di soli 25 anni, uccisa a poche ore dal suo compleanno da chi giurava di amarla, che voleva tornare con lei, perché senza non poteva vivere. Uccisa a bastonate e lasciata morta ai piedi di un ulivo.
Fabiana. Lei aveva solo 16 anni quando venne bruciata viva dal fidanzato. Accoltellata, data alle fiamme e lasciata sola, agonizzante, in un casolare abbandonato. È il femminicidio di una bambina.
Antonella, come Vincenzina, è stata invece massacrata nel giorno della festa delle donne. Un omicidio efferato per il quale è stato arrestato il vicino di casa.
È lunga la lista che delle donne che non hanno più voce per gridare aiuto. Sarebbe impossibile citarle tutte. A questa lista se ne aggiunge un'altra, c'è quella delle donne che gridano in silenzio, che subiscono senza ribellarsi, che sono vessate, umiliate, maltrattate, che vivono nella spirale delle violenze più inaudite. E poi ci sono loro: le donne sopravvissute all’inferno.
Donne salvate dagli inferi come la giovane schiavizzata a Gizzeria e "liberata" qualche anno fa, e donne la cui ribellione è rimasta sorda alla società. Donne come Maria Antonietta che aveva avuto il coraggio di denunciare più volte quell’amore malato, lui però è riuscito ugualmente a violare i domiciliari tentando di ucciderla nella maniera più atroce, dandole fuoco con della benzina. Maria Antonietta è tornata a casa dopo un calvario fatto di sofferenze, decine di operazioni e ricoveri in ospedale. Da casa ora lancia un monito: «A tutte le donne che stanno subendo violenza: aprite gli occhi, non abbiate paura di raccontare prima a voi stesse la verità e poi a tutti gli altri. Il vero amore non lascia lividi».
Oggi è il 25 novembre, la giornata contro la violenza sulle donne. Una giornata, una data importante ma pur sempre una data. E al di là di questa giornata c'è ancora l’esigenza di riflettere su un fenomeno che sta assumendo contorni sempre più allarmanti e c'è l'esigenza di farlo 365 giorni all’anno attraverso cultura, sensibilizzazione e consapevolezza. Affinché il 25 novembre sia tutti i giorni.