VIDEO | Antonio Fragiacomo ripercorre la sua odissea fatta di intoppi burocratici. Tra scartoffie e rimpalli di responsabilità non riesce ad avere quanto gli spetta dopo una vita di lavoro
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Paradossi burocratici, scartoffie finite probabilmente in qualche faldone e lì lasciate ammuffire mentre per Antonio Fragiacomo, lametino, 67 anni, il tempo passava e così gli anni che lo separavano dalla pensione.
A luglio dello scorso anno la messa in quiescenza, ma ad oggi, cinque mesi di distanza, della pensione non ha visto nemmeno l’ombra. Scaricabarile tra Inps e l'allora ministero per le Infrastrutture per il quale lavorava, denuncia Fragiacomo, affiancato da Cub Pubblico Impiego. Ma non solo. Avvicendamenti di impiegati ad occuparsi della questione per ricominciare ogni volta da capo, spesso tramite call center.
Poi lo scoppio della bolla mediatica, le cose che sembrano mettersi in moto ma con scarsa fiducia, anche per chi ha sempre dato il suo tempo libero al sindacato e anche adesso che di pensieri per la testa ne ha tanti ci accoglie dietro una scrivania, nell’ufficio in cui presta volontariato.
Di “intoppi” ne sono stati individuati diversi, uno per ogni persona che ha cercato di dipanare la matassa. Soltanto ora sembra che sia giunti ad un quadro certo della cosa, ma le responsabilità non mancano. «Parliamo di carte anche del 1993», ci dice Fragiacomo.
“Carte” che non hanno fatto il loro corso, che «non sono mai state lavorate», aggiunge il quasi pensionato. «Ora mi ritrovo senza entrate ad avere a che fare con un mutuo, le bollette e due figli disoccupati», si sfoga ancora.
Gli chiediamo che cosa vorrebbe, la sua è una risposta breve ma importante: «Che ognuno faccia il proprio lavoro, perché se così fosse stato nel mio caso, io oggi non sarei qui».