«Farmacie e centri non autorizzati creano positivi e negativi che non esistono. In questo modo diventa difficile anche vaccinare correttamente», l’appello della categoria affinché si faccia ordine
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«Si sta verificando la mancanza di tracciabilità dei positivi da Covid-19 poiché i pazienti, per fare i tamponi, si sono rivolti, in buona fede, a strutture non abilitate e a parafarmacie che non sono autorizzate (il che significa che un’eventuale positività non viene segnalata alla piattaforma)».
Parte da questo dato la lettera scritta da un gruppo di medici di base che tiene a chiarire il perché il sistema del monitoraggio a Lamezia, ma non solo, si sia impantanato e quale sia il loro ruolo in questo contesto difficile da oliare.
Negativizzati senza essere stati mai ufficialmente positivi
«Ciò avviene – affermano - poichè l’Ufficio d’Igiene non ha potuto far fronte all’enorme richiesta di tamponi molecolari inviata dai medici tramite Pec e i pazienti si sono quindi rivolti a strutture private non abilitate e a parafarmacie non autorizzate e al “faidate” a casa. Così facendo le positività non sono state inviate alla piattaforma per cui i pazienti si ritrovano con tamponi negativi senza una precedente positività. Siccome per generare il certificato di guarigione bisogna inserire il primo dato di positività ufficiale che non c’è, non si può generare il certificato di guarigione».
Un vero e proprio rebus, in cui la sofferenza per un virus e ciò che questo implica si va ad innestare su una piattaforma virtuale che per funzionare ha bisogno di dati che ormai stanno andando perduti. «Di questo sono stati investiti i medici di base che si trovano adesso nell’impossibilità di produrre i certificati di guarigione per la mancanza del primo dato di positività sulla piattaforma.
Numeri contagi maggiori rispetto a quelli ufficiali
«Ciò detto è evidente come la mancanza di tracciabilità metta in pericolo la sicurezza pubblica e ciò fa presupporre che i dati forniti dai bollettini quotidiani in realtà siano in misura maggiore di quelli reali. I medici di base si sentono lasciati soli da sindacati ed istituzioni e non sanno come affrontare questa situazione. Se a volte capita che non producono una certificazione non è per mancanza di volontà ma a causa delle incongruenze del sistema».
«Il nostro rischio – dicono – è quello della responsabilità professionale e responsabilità di sanità pubblica, perché può accadere che una nostra certificazione falsifichi la realtà e di conseguenza metta a rischio la salute degli altri. Inoltre una nostra certificazione può fare saltare la data della vaccinazione perché certificare una guarigione significa che devono passare quattro mesi dalla prossima dose. Ci chiediamo a chi dobbiamo rivolgerci: alla prefettura, al sindaco, all’ordine dei medici? Siamo finiti nel collo dell’imbuto perché inconsapevolmente potremmo commettere un illecito. La nostra non vuole essere una critica, il nostro intento è quello di avvisare i cittadini dello stato attuale delle cose».