La Calabria tra un giorno sarà arancione eppure non sembra che sia cambiato granché. Lo stato d’emergenza continua, si fa sentire, preme, e si manifesta nelle ambulanze che continuano ad arrivare a sirene spiegate.

Dottor Angelo Barbato, lei è il direttore sanitario dell'Annunziata, dopo l’apertura dell'ospedale militare, costato non proprio una sciocchezza, sono stati aperti vari reparti Covid interni, forse ci si poteva pensare prima, no?
«Non possiamo ragionare chiedendoci se i posti sufficienti erano congrui o no, è troppo semplicistico ragionare col senno di poi, dobbiamo utilizzare i posti letto come un polmone, aumentare o diminuire la capienza a seconda dei casi».

Ma perché non fare un ragionamento a tavolino prima di prendere una decisione così impegnativa come montare un ospedale da campo?
«Perché ci sono vari percorsi decisionali da seguire: quello internazionale dell’Oms, quello nazionale del ministero, quello dell’apparato regionale e provinciale. Bisogna avere un’organizzazione modulare e flessibile che riesca a capire quando aprire e quando chiudere in base alla situazione. Ora siamo tutti preoccupatissimi della diffusione della variante giapponese che i vaccini non coprono. Basta un aereo a portarla qui da noi».

Torniamo dal Giappone a Cosenza, qui il personale è all’osso, si può essere modulari quanto si vuole ma se mancano medici e infermieri a poco serve.
«Cosenza è stata la provincia più colpita dal punto di vista epidemiologico, siamo alla fine della seconda settimana lockdown, oggi abbiamo 21 ricoverati Covid, e speriamo che la curva scenda. Ci stiamo con fatica organizzando per reclutare il personale da assumere a tempo determinato con la formula a tre mesi rinnovabili, attingendo da fondi Covid, visto il blocco del turn-over, e per aumentare i posti letto di ulteriori 14 unità. Qui siamo arrivati al limite massimo per quanto riguarda l’assistenza e le cure Covid e come hub di secondo livello dobbiamo essere in grado di garantire la copertura di tutte le altre emergenze».

Tornando al punto di partenza, secondo lei è inutile insistere sull’ospedale da campo, meglio che resti com’è?
«Bisogna sempre cercare la soluzione in un modello modulare e flessibile. Abbiamo bisogno posti letto? Sì. Abbiamo bisogno di personale? Sì, ma occorre capire bene in quanto tempo rispondere a queste esigenze perché ora, soprattutto, c’è bisogno di vaccinare specie qui in Calabria dove c’è molto da recuperare».